L’ultima uscita pubblica di Papa Francesco è stata, simbolicamente, al carcere romano di Regina Coeli. Era il Giovedì Santo, pochi giorni prima della sua morte, e il Pontefice – impossibilitato a compiere il tradizionale rito della lavanda dei piedi – aveva detto ai detenuti: «Quest’anno non posso farlo, ma posso essere lo stesso vicino a voi». Una vicinanza che non è mai stata solo simbolica.

Come riporta il Corriere della Sera, il legame tra Francesco e il mondo carcerario non si è mai interrotto. Il Pontefice ha donato, nel corso degli anni, circa 200mila euro – forse anche di più – per progetti di inclusione e recupero sociale nei complessi di detenzione di Rebibbia (maschile, femminile e minorile) e a Casal del Marmo.

Una Porta Santa a Rebibbia, come in San Pietro

Proprio nella casa circondariale di Rebibbia, Francesco ha voluto aprire la seconda Porta Santa del Giubileo, il 26 dicembre scorso. Un gesto senza precedenti nella storia della Chiesa. Con lui c’era monsignor Benoni Ambarus, vescovo ausiliare di Roma e segretario della Commissione Cei per le migrazioni. Il Papa bussò cinque volte al portone prima di attraversarlo in piedi, per poi accomodarsi sulla sedia a rotelle.

Non fu un discorso solenne, ma parole semplici, «a braccio», dirette al cuore. Tanti detenuti – racconta monsignor Ambarus all’Adnkronos – si sono commossi, qualcuno ha confidato al Pontefice di avere «il cuore indurito» e di sperare in «una grazia di apertura».

«Questa è la tua basilica, lavora!»

Davanti alla Porta Santa, Papa Francesco si rivolse a Don Ben con parole che sono oggi un testamento: «Questa è la tua basilica, lavora!». L’obiettivo è ora quello di rafforzare il legame tra carcere e parrocchie, per far sì che i luoghi di detenzione diventino spazi di riflessione, reinserimento e misericordia. La Porta Santa di Rebibbia, infatti, sarà un riferimento non solo per i detenuti, ma anche per le loro famiglie e per i gruppi esterni che, nel tempo, potranno varcare quella soglia in spirito di comunione.

Un ponte con l’umanità dimenticata

Le parole di monsignor Ambarus, rilasciate nei mesi scorsi, sono oggi ancora più attuali: «La posizione securitaria sulle carceri non è la strada», aveva detto dopo che la premier Giorgia Meloni aveva escluso l’ipotesi di un’amnistia. «Chi non ha contezza dell’umanità dentro al carcere finisce per credere che tutti siano brutalmente delinquenti. L’umanizzazione del carcere è un guadagno per tutta la società». E aveva concluso: «Noi non smetteremo di parlare. È proprio il tema del Giubileo: la speranza non delude».