«Noi etichettiamo le persone. Chiediamoci, Dio etichetta le persone? Ognuno si risponda. Dio etichetta le persone? E io, vivo continuamente etichettando le persone. Guardiamo al cuore di Dio. Abbiamo bisogno che, nella Chiesa e nella società, siano Chiesa e società che non escludano nessuno, che non trattino nessuno da “impuro”, perché ciascuno, con la propria storia, sia accolto e amato senza etichette e pregiudizi». Sono le parole di Papa Francesco nel corso dell’Angelus affacciandosi dalla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano.

Il Papa ha poi continuato: «Tutti siamo figli di Dio e l’impurità non deriva da cibi, malattie, e nemmeno dalla morte, ma viene da un cuore impuro. Impariamo questo, allora: davanti alle sofferenze del corpo e dello spirito, alle ferite dell’anima, alle situazioni che ci schiacciano, e anche davanti al peccato, Dio non ci tiene a distanza, non si vergogna di noi, non ci giudica; al contrario, Egli si avvicina per farsi toccare e per toccarci, e sempre ci rialza dalla morte. Sempre ci prende per mano per dirci: figlia, figlio, alzati!».

Il pensiero del Pontefice, come sempre, è andato ai conflitti aperti in varie parti del mondo: «Imploriamo il Sacro Cuore di Gesù di toccare il cuore di quanti vogliono la guerra perché si convertano a progetti di dialogo e di pace. Non dimentichiamo la martoriata Ucraina, la Palestina, Isreele, Myanmar e tanti altri posti dove si soffre tanto a causa della guerra».

E ha aggiunto: «Anche noi viviamo in un tempo di martirio. Ancor più dei primi secoli. In varie parti del mondo tanti nostri fratelli e sorelle subiscono discriminazione e persecuzione a causa della fede, fecondando così la Chiesa. Altri poi affrontano il martirio a guanti bianchi. Sosteniamoli con la nostra preghiera e lasciamoci ispirare dalla loro testimonianza dell’amore per Cristo».