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Decapitati, crocifissi, impiccati. Ben 37 persone sono state giustiziate martedì in Arabia Saudita. Lo annuncia un comunicato ufficiale del ministero dell’Interno saudita, che specifica che le esecuzioni sono avvenute a Riad, nelle città sante di Mecca e Medina e nelle province Orientale e di Qassim, nel centro del regno, su sentenze corroborate in appello dalla corte suprema e dal re.
Come ha spiegato il Ministro degli Interni saudita si è trattato del più alto numero di esecuzioni in una sola giornata da tre anni a questa parte; il 2 gennaio 2016 furono infatti uccisi 47 detenuti per motivi più o meno analoghi.
Il comunicato elenca i nomi delle persone giustiziate ma non specifica le modalità delle esecuzioni. Sappiamo che si tratta di cittadini sauditi: «La pena di morte è stata comminata ad alcuni criminali per aver adottato ideologie estremiste terroristiche, per aver formato cellule terroristiche e per aver messo a repentaglio la sicurezza oltre che per aver cercato di spargere il caos e provocare conflitti ideologici».
Alcune delle condanne erano state emesse per attacchi con esplosivo a strutture della sicurezza nazionale, uccisione di funzionari pubblici e cooperazione con organizzazioni nemiche del Paese. Organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno sostenuto che la grande maggioranza delle persone uccise facevano parte della comunità sciita, perseguitata dal regime, e non erano membri di gruppi eversivi.
Secondo Amnesty International, nell'elenco dei 37 condannati ci sono almeno undici uomini accusati di spionaggio a favore dell'Iran e almeno un caso di processo «clamorosamente ingiusto». Altri 14 «erano accusati di atti violenti in relazione alla loro partecipazione a manifestazioni contro il governo, nel 2011- 12».
Tra i detenuti giustiziati uno era 16enne all'epoca dell'arresto. Secondo quanto trapela dai media uno dei giustiziati è stato addirittura crocifisso, una punizione davvero molto rara e riservata per reati particolarmente gravi. Il suo corpo è rimasto esposto per ore al pubblico come segno della totale “intolleranza” contro ogni tipo di opposizione, criminale o meno, al regno dei Saud.
Uno dei cadaveri è stato lasciato con il corpo da una parte e la testa mozzata da un’altra, come monito per tutti gli oppositori. La maggior parte dei condannati sono stati uccisi secondo le regole canoniche della legge coranica, che vuol dire tramite decapitazione con scimitarra, oppure per impiccagione.
Dall’inizio dell’anno, in Arabia Saudita sono state eseguite 104 condanne a morte. Nel 2018 il regime ne eseguì 149, terzo Paese al mondo dopo la Cina e l’Iran.