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Per contrastare efficacemente la diffusione del Covid- 19 nelle carceri, il Gruppo di lavoro del Consiglio di cooperazione penalogica ( PC- CP WG) del Consiglio d’Europa - fra i suoi nove componenti , il giudice italiano Anna Ferrari - ha inviato ieri una propria raccomandazione ai ministri della Giustizia dei 47 Stati membri.
Il documento, non vincolante trattandosi di “soft low”, contiene una serie di consigli pratici che, a seconda delle legislazioni e delle prassi nazionali, potrebbero essere adattati alla situazione dei diversi Paesi nel pieno rispetto dei principi e degli standard internazionali in materia.
Fra i punti principali, quello di “fare un uso più efficace e frequente” della detenzione domiciliare.
Un intervento che può essere agevolato grazie alle “nuove tecnologie di sorveglianza”, come il braccialetto elettronico “nel pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali”.
Da Strasburgo sottolineano, in questo periodo di pande- mia, l’importanza di andare oltre la detenzione in carcere, puntando su “programmi di liberazione anticipata dei detenuti” che possono ridurre efficacemente il sovraffollamento, e le conseguenti occasioni di contagio per la difficoltà di mantenere il distanziamento sociale, negli istituti
“Best practice” che in Italia erano state proposte qualche settimana fa, fra le polemiche, dai togati di Area al Consiglio superiore della magistratura e dai magistrati di sorveglianza.
Oltre a dettagliate indicazioni di profilassi igienico sanitarie, il PC- PT WG evidenzia la necessità di “fornire oralmente e, se possibile, anche per iscritto a tutti i detenuti” ogni informazione necessaria a questo proposito “al fine di evitare tensioni e garantire la comprensione e la cooperazione di tutte le parti”.
Non solo: sarebbe auspicabile “la pubblicazione delle domande più frequenti sui siti web dei servizi penitenziari e/ o l'istituzione di una linea di assistenza per rispondere alle domande delle famiglie dei detenuti”.
Un ulteriore supporto in questi difficile periodo potrebbe venire, sia per i detenuti che per il persone di polizia, da “psicologi interni”.
Se le visite dei familiari dei detenuti vengono annullate a causa della pandemia, “i servizi penitenziari devono fornire gratuitamente telefono, video o altri mezzi di contatto e corrispondenza aggiuntivi”.
In alcuni Paesi ( non è il caso dell’Italia) in cui i laboratori sono chiusi e dove i detenuti non possono più lavorare e guadagnare, è stato previsto un indennizzo per la perdita di reddito.