Nella delicata fase della guerra in Ucraina, a tre anni dall’invasione russa, l’Europa non può indietreggiare, non può avere tentennamenti e non può consentire agli Stati Uniti di Trump e a Putin di gestire tutta la crisi. Parte da questa premessa la professoressa Victoria Vdovychenko, esperta di guerra ibrida e relazioni tra Ucraina e Unione Europea del Centre for Geopolitics dell’Università di Cambridge.

«La proposta di alcuni Stati europei di inviare le loro truppe in Ucraina - dice al Dubbio Vdovychenko - non può essere interpretata semplicemente come una risposta diretta né alle provocazioni di Trump né alle minacce di Putin. Piuttosto, rappresenta un segnale di evoluzione strategica dell’Europa, dettato dalla necessità di rafforzare le proprie strutture di difesa e di rispondere in modo concreto alle sfide di sicurezza del nostro continente. Tutti gli indizi indicano che gli Stati Uniti si stanno ritirando geopoliticamente dall’Europa. Questa frattura transatlantica è emersa in modo evidente durante la Conferenza sulla sicurezza di Monaco, rivelandosi non solo profonda, ma, oserei dire, radicata in divergenze di valori fondamentali.

Inoltre, le élite europee si sono trovate di fatto sotto attacco da parte del vicepresidente statunitense J. D. Vance. Questo stato di shock in Europa dovrebbe, in un modo o nell’altro, servire da campanello d’allarme per scuoterla dal letargo».

Victoria Vdovychenko si sofferma sul nuovo corso aperto dall’amministrazione statunitense a trazione trumpiana e agli inevitabili riflessi sul “vecchio continente”: «Il contratto di sicurezza che ha definito le relazioni transatlantiche, la cosiddetta “pax americana”, è di fatto giunto al termine. Adesso abbiamo “a new America: power, not partnerships”. Gli Stati Uniti non considerano più l’Europa un alleato strategico nel senso tradizionale del termine.

Al contrario, l’Europa è ora percepita come un centro di potere concorrente e, nell’attuale strategia di Washington, meno centri di potere equivalgono a una maggiore leva geopolitica per gli Stati Uniti. Questo cambiamento strategico allinea, in una certa misura, gli obiettivi degli Stati Uniti a quelli di Russia e Cina. Tutte e tre le potenze trarrebbero vantaggio da un’Europa indebolita e frammentata, scollegata dagli Stati Uniti, priva di una strategia geopolitica unificata e ridotta a un insieme di mercati vulnerabili più facili da sfruttare, dividere e manipolare.

La visione che ne emerge è quella di un’Europa disarticolata, non più un attore globale, ma un’entità passiva, una preda geopolitica che può essere progressivamente smembrata dalle forze esterne».

L’esperta del Centre for Geopolitics ci tiene a sottolineare un concetto: «Dobbiamo iniziare a non parlare più di “crisi Ucraina”. Non è così. In questo momento cruciale, la lotta dell’Ucraina è la lotta dell’Europa e dalla sicurezza dell’Europa deriva la sicurezza del mondo».

«La settimana scorsa - aggiunge Vdovychenko - si è tenuta a Cambridge una conferenza nella quale abbiamo presentato ai leader europei un elenco di raccomandazioni. Gli sforzi per ricostruire e ampliare le scorte di munizioni e attrezzature per l’Ucraina e l’Unione Europea sono stati lenti e difficili, anche quando gli alleati europei della NATO hanno acquistato equipaggiamenti da fornitori non europei.

Ad oggi, è stata consegnata solo la metà del milione di munizioni promesse dall’Ue. Il presidente Zelensky ha dichiarato che l’Ucraina ha ricevuto meno della metà dei 177 miliardi di dollari stanziati dagli Stati Uniti per sostenere Kyiv durante la guerra su vasta scala.

Nel caso in cui la nuova amministrazione statunitense dovesse rifiutarsi di aumentare il sostegno militare all'Ucraina, i Paesi europei dovrebbero includere le esigenze ucraine nella loro pianificazione industriale della difesa.

Le nuove politiche dell’Ue, mirate a sostenere l'integrazione della “Base industriale e di difesa europea”, già prevedono l'inclusione di aziende ucraine nei consorzi industriali beneficiari di incentivi finanziari, e tale coordinamento dovrà essere ulteriormente rafforzato.

Pertanto, gli investimenti nel settore della difesa ucraino, la produzione congiunta e l’innovazione tecnologica sono fondamentali. Dopo tre anni di guerra, l’Ucraina è riuscita a coprire oltre un terzo delle sue esigenze di armamenti da combattimento attraverso innovazioni domestiche».

L'asse Trump-Putin è, secondo Victoria Vdovychenko, una bomba difficile da disinnescare.

«È la minaccia - commenta - per qualsiasi piano di sviluppo e pace non soltanto in Europa, ma anche nel mondo, perché i teatri geopolitici sono molto interconnessi. La Russia sta attualizzando in modo sistematico una strategia mirata a diminuire la sensibilità dell’Occidente ai rischi, utilizzando strumenti quali la diplomazia culturale, la diffusione di narrazioni strategiche e l’uso di figure di opposizione controllata.

Al centro di questa strategia vi è l’urgente necessità di indebolire le sanzioni. Una volta raggiunto questo obiettivo, l’erosione della resilienza occidentale diventerà una questione di semplice attuazione tecnica».

Un altro rischio è quello di una “politica di accomodamento” con l’esposizione alle pressioni strategiche di Russia e Cina.

«Solo attraverso un impegno deciso nella difesa collettiva e nella resilienza strategica - conclude Vdovychenko -, l’Europa potrà garantire la propria sicurezza in un contesto geopolitico sempre più instabile.

L’Ucraina, forte della sua storia e della sua attuale resilienza, sa bene che le richieste di Putin, di territorio, neutralità o elettorali, sono, in definitiva, irrilevanti.

Queste pretese non fanno altro che riflettere i veri obiettivi di Mosca: assoggettare l’Ucraina e costringere gli Stati Uniti e la NATO a compromettere i propri principi e interessi, a favore di un ordine globale funzionale alle ambizioni geopolitiche della Russia.

Gli Stati Uniti devono dissolvere la speranza di Putin sulla possibilità di raggiungere i propri obiettivi, sia attraverso i mezzi militari, sia con un presunto accordo di pace.

Questa guerra potrà concludersi solo quando la Russia comprenderà di non poter ottenere la vittoria, né sul campo di battaglia né attraverso le manipolazioni diplomatiche.