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Navalny
Ci risiamo. Nella Russia di Putin l’assimilazione tra avvocato e imputato o condannato è diventata una triste realtà. Vadim Kobzev, Alexey Liptser e Igor Sergunin, difensori di Alexei Navalny (in carcere dal 2021 e condannato a 19 anni di reclusione), sono stati perquisiti e arrestati con l’accusa di «partecipazione ad una comunità estremista». È stata anche effettuata una perquisizione negli uffici dell'Ordine degli avvocati di Dalet al quale appartengono Liptser e Sergunin.
Ormai la strategia è chiara: continuare a colpire Navalny. Questa volta sono chiamati in causa gli avvocati del più importante oppositore di Putin, accusati di usare il loro status di difensori per accedere al carcere e per trasferire informazioni agli appartenenti alla comunità – definita “estremista” - di Navalny. I media russi indipendenti hanno riferito che una perquisizione ha riguardato lo studio legale di un’altra avvocata, Olga Mikhailova, vicina a Navalny, che però non si trova in Russia.
Alexei Navalny è recluso in una colonia penale a est di Mosca e dovrebbe essere trasferito in una colonia penale con “sicurezza speciale”. «Si tratta - ha detto la portavoce di Navalny, Kira Yarmysh – di una struttura con il più alto livello di sicurezza nel sistema penitenziario russo. Se non potrà incontrare i propri avvocati, finirà in un isolamento completo. Le iniziative giudiziarie nei confronti dei difensori di Navalny priveranno quest’ultimo non solo della rappresentanza legale, ma anche del suo “unico legame” con il mondo fuori dal carcere. Navalny è detenuto in una struttura punitiva speciale che non gli consente alcuna telefonata. Solo i suoi avvocati possono visitarlo. Impedire loro di lavorare significa colpire lo stesso Navalny».
Sulla vicenda degli avvocati Kobzev, Liptser e Sergunin si è espressa anche Memorial, organizzazione che continua a battersi dall’estero per la difesa dei diritti umani, nonostante la chiusura disposta dalle autorità russe. «Lo scopo degli arresti degli avvocati di Navalny – ha evidenziato Memorial - è di privare l’oppositore politico in carcere sia dell'assistenza legale che della comunicazione con il mondo esterno. Ma questa non è solo una pressione su un prigioniero politico e nemmeno la “liquidazione” di avvocati scomodi per lo Stato. È un segnale all'intera comunità giuridica russa: d'ora in poi la difesa sarà equiparata alla complicità nella commissione di un crimine. L'obiettivo finale è quello di far sì che gli avvocati russi si preoccupino non del caso o del destino del loro cliente, ma del proprio destino e di un'eventuale causa contro loro stessi. Privare di assistenza legale non solo Navalny, ma molti altri prigionieri politici nei centri di custodia cautelare e nelle colonie, apre le porte sempre di più alla tortura e alla falsificazione delle prove. La comunità legale è un muro sottile che separa chiunque sia privato della propria libertà dall’illegalità statale. Contro questo muro è stato sferrato un colpo con una forza mostruosa. La persecuzione degli avvocati per le loro attività legali deve finire. La difesa non è complicità. Vadim Kobzev, Alexey Liptser, Igor Sergunin devono essere rilasciati immediatamente».
Non è la prima volta che gli avvocati che difendono gli imputati coinvolti in casi politici vengono perseguiti penalmente. «Lo Stato – conclude Memorial - ha metodicamente annientato i difensori del giornalista Ivan Safronov, accusato di tradimento. Uno dei suoi avvocati, Ivan Pavlov, è stato denunciato per aver rivelato i segreti delle indagini, e l'altro difensore, Dmitry Talantov, è in carcere con l'accusa di aver diffuso “notizie false” sull'esercito russo».