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Lodevolmente Il Dubbio ha promosso un appello sulla situazione nelle e delle carceri. Appello raccolto da un nutrito gruppo di personalità: Roberto Saviano, Gherardo Colombo, Luigi Manconi, Giovanni Fiandaca, Fiammetta Borsellino, Mattia Feltri, Ascanio Celestini, Francesca Scopelliti, Marco Bentivogli, Giuliano Pisapia, Tullio Padovani, Fabio Trizzino, tantissimi altri.
Sono persone che per le loro esperienze e il loro lavoro ben conoscono la realtà del carcere in Italia; chiedono cose più che ragionevoli, in linea e coerenza con la Costituzione; è perfino avvilente chiedere siano garantite. Chiedono che si reagisca al massacro in corso nelle celle dei nostri letterali istituti di pena: il 2022 sarà ricordato come l’anno orribile, non è ancora finito e sono oltre 80 i detenuti e gli agenti della polizia penitenziaria che si sono suicidati; questo senza contare i salvati, per il pronto intervento degli agenti o dei compagni di cella; e la quantità di gesti auto- lesionistici.
Si chiedono cinque cose minime, ispirate a puro buon senso, per cominciare:
- 1) aumentare le telefonate per i detenuti;
- 2) alzare a 75 giorni i 45 previsti a semestre per la liberazione anticipata;
- 3) creare spazi da dedicare ai familiari;
- 4) aumentare il personale per la salute psicofisica
- 5) attuare al più presto, con la prospettiva di seguire il solco delle misure alternative, quella parte della riforma Cartabia che contempla la valorizzazione della giustizia riparativa
Un giornalismo degno di questo nome già avrebbe dovuto sentire la necessità, il dovere, l’obbligo etico di occuparsi di questi problemi; chiedersi come mai oltre ottanta persone della comunità carceraria nel 2022 hanno scelto questa drammatica, definitiva forma di “evasione”; le ragioni, i contesti.
Un servizio pubblico radio- televisivo degno di questo nome avrebbe già dovuto sentire il dovere, l’obbligo, la necessità di invitare in studio in uno degli innumerevoli programmi di approfondimento i firmatari dell’appello e chiedere loro le ragioni di quella firma, cosa li ha spinti ad aderire a quell’appello.
Chiedersi perché non accade, perché giornali e televisioni pubbliche e private che siano mostrino un’indifferenza che rasenta la complicità, è qualcosa che prima o poi si dovrà pur fare, una sorta di “processo” all’intero sistema informativo, per capire come mai, perché accade quello che accade.
Per l’intanto, dal momento che non ci sono arrivati per loro conto direttori di telegiornali, direttori di rete, responsabili di programmi, è troppo chiedere all’amministratore delegato della RAI Carlo Fuortes, alla presidente Marinella Soldo, ai componenti del Consiglio di Amministrazione Simona Agnes, Francesca Bria, Igor De Biasio, Alessandro di Majo, Riccardo Laganà, che ricordino ai loro dipendenti che servizio pubblico è anche ascoltare le ragioni dei firmatari dell’appello promosso dal “Dubbio”, e la più generale questione del carcere, finora ignorata se non per dolo, certamente per colpa?