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Oliviero Toscani nella foto tratta dal Corriere della Sera
«Ho perso quaranta chili in un anno. So che il mio male è incurabile». Oliviero Toscani racconta la sua malattia in una lunga intervista al Corriere della Sera. «Sto vivendo un'altra vita - spiega - Vengo da una generazione, quella di Bob Dylan, dove eravamo forever young, il pensiero di invecchiare proprio non c'era. Fino al giorno prima di essere così, lavoravo come se avessi 30 anni. Poi una mattina mi sono svegliato e all'improvviso ne avevo 80». È successo «un po' prima di un anno fa. Alla fine di giugno mi sono svegliato con le gambe gonfie, ero in Val d'Orcia. Ho cominciato a fare fatica a camminare». A diagnosticargli la malattia, l'amiloidosi, è stato un medico di Pisa, Michele Emdin: «In pratica le proteine si depositano su certi punti vitali e bloccano il corpo. E si muore. Non c'è cura».
Toscani sta affrontando quindi una cura sperimentale: «Faccio da cavia. A ottobre ho anche preso una polmonite virale e il Covid, mi hanno tirato per i capelli. Penso di essere stato anche morto, per qualche minuto: ricordo una cosa astratta di colori un po' psichedelici. Quando sto male e ho la febbre riesco a immaginare cose fantastiche... In un anno ho perso 40 chili. Neppure il vino riesco più a bere: il sapore è alterato dai medicinali». Ha ancora voglia di fotografare? «No, mi sono liberato di tutto. È questa la bellezza».
Ha paura di morire? «No, non ho paura. Basta che non faccia male. E poi ho vissuto troppo e troppo bene, sono viziatissimo. Non ho mai avuto un padrone, uno stipendio, sono sempre stato libero». «Quando ho detto al mio amico Luciano Benetton che avevo una malattia rara lui mi ha risposto: 'Oliviero, tu sei nato con una malattia rara!'», racconta il fotografo, che aggiunge: «Ci sentiamo due volte alla settimana, ma non voglio che venga. È impegnativa per me una roba così». «Quando lavoravo in Benetton i veri nemici erano i manager. All'infuori di Luciano, tutti gli altri mi odiavano. Ora mi ha detto: 'Avevi ragione tu su di loro'».
In queste giornate «leggo, guardo in tv l'Inter e certe squadre inglesi. E poi c'è Sinner, che mi dà sollievo nella vita», racconta. Al Museum für Gestaltung di Zurigo c'è una sua mostra: «Ha battuto tutti i record: doveva finire a metà settembre e invece la prolungano fino alla fine dell'anno. Pensare che ci passavo davanti, quando ero studente, ammirando chi riusciva a esporre lì. E adesso ci sono io. Non sono ancora andato. Magari, quando torna, mi ci accompagna Ali. E poi magari proseguo il viaggio con Cappato. Farebbe molto ridere».