Odi l’Occidente, lo Stato di diritto, la democrazia, la “decadenza” liberal-progressista, il globalismo e gli omosessuali? Non ti devi preoccupare, Vladimir Putin è pronto ad accoglierti a braccia aperte e a offrirti una corsia preferenziale per trasferirti in Russia.

È quanto stabilisce un decreto legge approvato dalla Duma che favorisce l’espatrio dei giovani occidentali senza dover passare dalla politica delle quote e senza neanche dover superare un esame di lingua russa o di conoscenza delle leggi locali.

Un’immigrazione scelta favorita, puramente ideologica, per un provvedimento che riassume simbolicamente l’aperta offensiva del putinismo contro le democrazie liberali. Sullo sfondo dell’invasione dell’Ucraina, del conflitto ansiogeno con la Nato e dell’imperialismo regionale di Mosca, è in corso una “guerra di mondi”, di spazi politici e culturali diametralmente opposti e incompatibili tra di loro: da una parte l’Occidente e le sue ideologie “degenerate”, globalizzato e gay friendly, dall’altra la madre Russia, attaccata alle antiche tradizioni ai vicoli atavici di una comunità di destino fondata sulle idee di Dio, patria e famiglia.

Secondo quanto riportano le agenzie di stampa russe Ria Novosti e Tass, il ministero degli Esteri di Mosca compilerà presto un elenco di Stati che secondo la Russia imporrebbero «linee guida ideologiche neoliberali distruttive che contraddicono i tradizionali valori spirituali e morali russi». Tutti i giovani che si sentono oppressi dalla cultura occidentale potranno dunque ricevere asilo politico dalla madre Russia. Una misura che crea un’astuta similitudine con l'accoglienza che offrono da anni i occidentali ai dissidenti e ai rifugiati in fuga dalla Russia per motivi politici.

Vale la pena di leggerlo tutto il comunicato con cui il Cremlino presenta il decreto, nella sua lingua involuta e burocratica: «Il diritto di richiedere un permesso di soggiorno temporaneo senza tener conto della quota approvata dal governo russo e senza la necessità di presentare un documento attestante la padronanza della lingua russa e la conoscenza della storia e dei principi fondamentali della legislazione russa è concesso ai cittadini stranieri e apolidi persone che hanno espresso il desiderio di lasciare il proprio paese di cittadinanza o residenza permanente per stabilirsi nella Federazione Russa a causa del loro rifiuto delle politiche attuate da questi stati, che impongono atteggiamenti ideologici neoliberisti attività distruttive in contraddizione con i tradizionali valori spirituali e morali della Russia, come previsto nei fondamenti della politica statale per la preservazione e il rafforzamento dei tradizionali valori spirituali e morali della Russia».

Pare che a ispirare il decreto sia stata la studentessa italiana Irene Cecchini che lo scorso febbraio al forum Idee forti per tempi nuovi aveva inscenato un siparietto proprio con Putin, al quale aveva chiesto di permettere agli stranieri «che condividono questi valori e che sognano di trasferirsi in Russia di farlo rapidamente». Per la gioia dello “zar”, Cecchini aveva elogiato il modello russo esprimendosi con gli stessi termini di un ufficio stampa del Cremlino: «Il racconto della Russia illiberale, dittatoriale è una costruzione dell’Occidente che da anni attacca Mosca L'Occidente ha sempre considerato questo Paese come la pecora nera. La Russia non ha fatto altro che difendersi».

Già nel 2013, quando aveva già da tempo consumato lo strappo ideologico con Usa e Ue, Vladimir Putin delineò, al di là dei contrapposti interessi strategici, la sua crociata anti-liberale e anti-progressista nel consueto discorso annuale alla nazione, quasi un manifesto del suo credo: «Molti paesi euro-atlantici stanno rifiutando le loro radici, compresi i valori cristiani che costituiscono la base della civiltà occidentale. Stanno negando i principi morali e la loro identità nazionale, tradizionale, culturale, religiosa e persino sessuale». Parole a cui sono seguiti fatti concreti, come la messa fuorilegge del movimento Lgbtq, considerato «estremista» al pari dei jihadisti di al Qaeda e dell’Isis o dei collaboratori con il nemico ucraino.

Attualmente in Russia le persone omosessuali o transgender rischiano fino a dieci anni di prigione non per aver commesso chissà quale reato, ma per il solo fatto di esistere e di essere così. Mentre è stato interamente riscritto l’articolo della costituzione che definisce la famiglia, in termini rigorosamente eterosessuali, in quanto essa può essere composta soltanto «da un uomo e una donna».

È questo l’Eldorado che offre la Russia di Putin ai giovani occidentali stufi della “propaganda woke”, del multiculturalismo, delle politiche di inclusione e per i diritti civili, delle menate ambientaliste e della sopravalutatissima democrazia. Chissà in quanti accetteranno l’imperdibile offerta.