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Sulla carta tutte le opposizioni sono già sul piede di guerra contro la manovra del governo Meloni. Nella pratica è del tutto probabile che ogni partito conduca in solitaria la propria battaglia. E così, come già accaduto per la manifestazione per la pace, anche sulla finanziaria si corre il rischio di assistere a una competizione tra piazze differenti. Coì, se Giuseppe Conte, indignato dalla cancellazione progressiva del Reddito di cittadinanza si dice pronto a tutto, compresa la chiamata del “popolo” in strada, il dimissionario segretario dem Enrico Letta si affretta a twittare per fregare sul tempo l’ex alleato: «Sabato 17 la nostra manifestazione contro una manovra improvvisata e iniqua. Inadeguata rispetto al rischio recessione e all’impennata dell’inflazione». Ma guai a pensare che il Pd sia andato al traino del Movimento 5 Stelle: «Lo avevamo anticipato nella nostra Assemblea di sabato. Ora, dopo le decisioni di ieri lo confermiamo con ancora più convinzione», giura Letta, chiamando a raccolta i militanti dem. E pensare che solo poche ore prima Conte invitava «tutte le forze che hanno a cuore le persone in difficoltà in questo momento di crisi per il nostro paese» a unirsi «in questa battaglia» a tutela delle fasce più deboli della popolazione. La competizione giallo- rossa, che ha già consentito una vittoria facile alle destre il 25 settembre, rischia adesso di rivelarsi un insperato aiuto al governo che ieri ha deciso di sfidare il malcontento colpendo al cuore la norma simbolo del primo governo Conte. Giorgia Meloni, infatti, non si scompone: «Figuriamoci se mi faccio spaventare da una manifestazione di piazza, ne ho fatte milioni, sono un pezzo importante della democrazia, ben vengano». Soprattutto se divise. A tirarsi fuori dai giochi di piazza, visto il precedente non troppo fortunato della manifestazione pro Ucraina di Milano, è Carlo Calenda. Interprete di un’opposizione dialogante il leader del Terzo polo richiama il segretario del Pd al pragmatismo. «Enrico, fare manifestazioni contro la manovra senza proporre un'alternativa è esattamente l'opposizione che la destra si augura di avere. Vi manderemo il documento di dettaglio sulle proposte per una contromanovra più equa e giusta. Lavoriamoci insieme», è il messaggio di Calenda a Letta. Ma dal Pd sembrano aver riscoperto il piacere della combattività e non hanno intenzione di recedere dall’intento di portare il dissenso nelle strade del Paese. «È impressionante: la destra si accanisce in maniera violenta contro le famiglie e le persone più deboli e non fa nulla per le imprese e il lavoro», scrive su Facebook Nicola Zingaretti. «Colpisce le persone povere e non fa nulla per combattere le cause della povertà. Purtroppo la vita delle persone sarà più dura. Dobbiamo unire l’Italia contro questo scempio». Un conto però è unire l’Italia e un altro mettere insieme Pd e Movimento 5 Stelle, un’impresa apparentemente impossibile dalla caduta del governo Draghi in poi. Eppure i toni utilizzati dai leader dei due partiti sono del tutto simili. «Questo governo ha voluto mostrare i muscoli solo contro una fascia ristretta di popolazione: spaccia vigliaccheria per coraggio, confonde la prudenza con l’ignavia», scrive sui social Conte, accusando Giorgia Meloni di volere «togliere al Paese l’unico sostegno che non ha mandato per strada milioni di persone». E ancora: «Se vogliono mandare fuori strada gli ultimi, troveranno un muro. Non possiamo permettere un massacro sociale», promette minaccioso il presidente pentastellato. Ma la sfida a chi urla più forte, tra Pd e M5S, non spaventerà certo il governo, convincendolo a tornare sui suoi passi. Finché le opposizioni organizzeranno manifestazioni contrapposte Giorgia Meloni potrà dormire sonni tranquilli.