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«Chi tocca il nostro capo politico tocca ciascuno di noi, questo deve essere molto chiaro». Che le polemiche sulla composizione del futuro governo siano tutt’altro che sopite è il capogruppo M5S al Senato, Stefano Patuanelli, a rivelarlo in conferenza stampa.
I grillini fanno scudo attorno al proprio leader che, a quanto pare, non ha ancora abbandonato del tutto l’idea di mantenere il ruolo di vice premier. Per quanto il capogruppo alla Camera Ciccio D’Uva giuri che al Movimento le poltrone non interessino nemmeno un po’, il Pd è avvisato. L’ex alleato della Lega venderà cara la pelle prima di desistere, e un’eventuale rinuncia di Di Maio verrà messa sul piatto della bilancia della trattativa: sui nomi, sui temi, sulle eventuali alleanze regionali.
«Il M5S è un monolite, ci siamo più volte espressi a più voci, in alcuni momenti in contrasto tra loro, ma quello che è successo ad agosto ha ricompattato il M5S», specifica Patuanelli. Come dire: il capo politico gode del sostegno di tutto il partito, anche in questa battaglia. Ma il capo dei senatori pentastellati sa di bluffare in questa partita.
La debolezza della leadership “dimaiana” non è mai stata così evidente come in questa fase: costretto da Beppe Grillo a un’alleanza con lo storico nemico dem, contestato pubblicamente da deputati e senatori, ritenuto responsabile del crollo elettorale. Dall’inizio della crisi Di Maio è di fatto un capo commissariato: dal fondatore, da Casaleggio, da Conte.
Ormai non passa giorno senza che il “garante” non scriva un post per bacchettarlo e correggere la linea. L’ultima suggestione lanciata dall’Elevato: un governo composto da tecnici. «Grillo come spesso accade fa delle provocazioni», dice imbarazzato Patuanelli. «Ci sono esponenti del governo uscente che sono tecnici, come Costa», aggiunge.
Ma è il nodo vicepremier a tenere banco in casa pentastellata. Su quel fronte si gioca il futuro politico di Di Maio e gli “ortodossi” temono che l’ostinazione del leader possa mettere in discussione il rapporto coi dem. «Per conto mio non c’è nulla di irrazionale nel chiedere un vicepremierato, ma se questo dovesse essere il macigno che grava sulla possibilità di dare al Paese soluzioni e risposte ai problemi, sono certo che Luigi Di Maio e Giuseppe Conte penseranno alla soluzione più capace di tutelare i diritti di tutti», mette in chiaro “diplomaticamente” il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, tra i più convinti sostenitori dell’alleanza giallo- rossa. «Luigi ha detto in più occasioni che nessuno di noi ha l’ambizione personale come stella cometa».
Tradotto: Di Maio eviti di tirare troppo la corda e faccia un passo di lato per non apparire «poltronofilo», per dirla alla Grillo. Anche perché sull’intesa con Nicola Zingaretta pende ancora una mannaia potenzialmente più pericolosa delle aspirazioni personali del leader: il voto su Rousseau. Ai piani alti del Movimento stanno ancora studiando la formula più neutra possibile per scongiurare sorprese dalla base, ma il rischio resta sul piatto.
E tra i grillini c’è anche chi attende l’esito di quella consultazione per decidere se abbandonare o no il partito. «Sto discutendo con altri portavoce del Movimento 5 Stelle a livello comunale, regionale e nazionale per capire cosa si può fare. Abbiamo stabilito data e luogo in cui ritrovarci subito dopo Rousseau», annuncia il consigliere regionale del anti dem Davide Barillari.
«Non è una scissione», assicura il grillino, «ma un momento di condivisione di perplessità, finalizzato a capire cosa si può fare in questo momento difficile», dice, puntando però a intimorire i vertici: «Stiamo raccordandoci più o meno tra 190 “portavoce del dissenso”».
In caso sostegno “bulgaro” all’accordo di governo col Pd, Barillari potrebbe decidere di abbandonare il partito. Ma potrebbe non essere solo, è il sottotesto del messaggio che il consigliere recapita a Di Maio. Perché la fronda filo leghista avrebbe già un leader di peso: Alessandro Di battista. È lui il «riferimento» degli scontenti, spiega Barillari, l’unico ad aver «espresso pubblicamente una sua forte perplessità e che mi fa sperare ci sia qualcuno che ha ancora la testa sulle spalle».
Ma mentre i malpancisti si contano, in altre stanze qualcuno già ragiona su possibili alleanze coi dem anche alle Regionali. Sempre che Di Maio accetti di fare un passo di lato.