PHOTO
No Vax
Un fatto è certo: il vaccino italiano anti Covid sarà pubblico. «Un bene comune a disposizione di tutti», annuncia l'Istituto Spallanzani di Roma che oggi dà il via ai test sull'uomo. Ma sarà anche obbligatorio? Neanche a provarci, rispondono in coro gli oppositori giurati del fronte "No-Vax". La notizia della prima fase di sperimentazione compare sui social ed ecco che la scienza soccombe alla legge del web: «Fatelo prima a tutti i parlamentari, poi se tra cinque anni non avranno riportato nessuna conseguenza ne riparliamo». Questa in sintesi la posizione degli attivisti anti vaccino: a rischiare la pelle non è mai chi è al potere. Ammesso che il Covid esista davvero, si intende, fa eco il partito "no mask" dei negazionisti convinti. In poche ora la pagina Facebook dell'Istituto romano è presa d'assalto: entusiasti, scettici e apertamente contrari si battono fino all'ultimo click. «Il virus è ormai mutato e il vaccino non credo proprio che farà effetto», sentenzia un utente. «Imbarazzante vedere un'eccellenza di ricerca italiana prostrata a questo teatro dell'assurdo», un altro difende indignato. «Ma certo facciamo il vaccino, del quale abbiamo ancora meno certezze rispetto al Covid....», attacca uno scettico. Mentre per chi crede nell’immunizzazione come arma per sconfiggere il virus è gratitudine pura. «Lo Spallanzani è una eccellenza... mi fido moltissimo...», scrive uno dei tanti entusiasti. Mentre un altro utente commenta: «Ottime notizie! Un grazie anche ai ricercatori che lavorano sodo dietro le quinte. Spesso anche sottopagati». In risposta alle proteste "No-Vax" interviene anche l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato, che scrive: «Gli attacchi, apparsi oggi sui profili social dell’Istituto Spallanzani, nei confronti degli operatori sanitari e dei ricercatori che dal 29 gennaio di quest’anno stanno in prima linea nel contrasto al Covid-19, sono vili e ingenerosi. Chi attacca l’Istituto Spallanzani attacca l’Italia». «È davvero un dolore» il risveglio di sentimenti no-vax, commenta Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università degli Studi di Milano. Pur «non negando che sul tema ci sono interessi economici e geopolitici importanti», come dimostra la corsa di Usa e Cina verso l’obiettivo di un prodotto-scudo efficace, solo per citare due delle più grandi potenze mondiali, l’esperto sottolinea che «ci saranno più vaccini disponibili, non soltanto uno». Naturalmente «bisognerà approfondire gli studi - precisa Pregliasco - verificare il profilo di sicurezza del futuro vaccino ed essere certi che garantisca una protezione duratura nel tempo». Ma al di là delle perplessità individuali e del rispetto della libertà di scelta, «è un dolore -ripete il virologo - che non si veda l’aspetto di solidarietà che può essere rappresentato dalla vaccinazione. Perché anche un soggetto giovane, che magari non riporterebbe di per sé effetti pesanti» dal contagio da coronavirus Sars-CoV-2, «se si vaccina può comunque contribuire alla sicurezza della comunità in cui vive» «L’avvio della sperimentazione del vaccino italiano contro il Covid rappresenta un’ottima notizia per il nostro Paese e conferma che su questo settore siamo all’avanguardia. Complimenti ai ricercatori e a chi sta lavorando da mesi senza sosta. Ora occorre accelerare al massimo per poter arrivare nei prossimi mesi ad un obiettivo fondamentale: vaccino obbligatorio per tutti, per ridurre a zero i rischi da Coronavirus. Su questo ci attendiamo un impegno chiaro da parte di tutto il Governo e in particolare del presidente del Consiglio Conte», commenta invece su Facebook la deputata di Italia Viva Giusy Occhionero. «Tra gli effetti collaterali della pandemia - prosegue - c’è stata la glorificazione dei virologi e la scomparsa dei no- vax, anche nella politica italiana. Non vorremmo che ora, passato il momento peggiore dell’epidemia, qualcuno abbia la tentazione di far riemergere pulsioni anti-vaccino, come si legge da alcuni commenti deliranti sui social .Occorre mettere al più presto definitivamente in sicurezza la nostra società, a partire da chi è più a rischio».