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Matteo Bassetti, Professore Ordinario di Malattie Infettive all’ Università degli Studi di Genova e Direttore della Clinica Malattie Infettive presso l’Ospedale Policlinico San Martino del capoluogo ligure, in questi giorni è in prima linea sia nel trattare pazienti affetti dal covid-19 sia nella comunicazione ai cittadini. Professore che giudizio dà delle misure adottate mercoledì dal Governo? Se sono state prese in accordo con il Comitato tecnico scientifico possono avere un significato; se, invece, è vero quanto ho sentito, ossia che sono state prese su iniziativa propria del Governo apparentemente in disaccordo con il Comitato, esprimo qualche dubbio. Dobbiamo avere paura di questo coronavirus? È evidente che è un nuovo virus, del quale anche noi medici che lo stiamo curando sappiamo ancora poco. Oggi abbiamo la conta di oltre 100 morti. Tuttavia, attenzione anche a come facciamo questi calcoli. Abbiamo inserito tanti casi di soggetti che probabilmente sono morti più con il coronavirus che per colpa del coronavirus. Inoltre, parliamo di 3000 casi di persone contagiate che sono quelli che in qualche modo sono stati rilevati attraverso il tampone o che avevano dei sintomi importanti ma nella realtà si pensa che con modelli matematici questo numero possa essere più grande. Quindi se il numero crescerà di due o tre volte, è evidente che anche la letalità decrescerà in maniera esponenziale. Sul New England Journal of Medicine hanno scritto che "le conseguenze cliniche generali di Covid-19 potrebbero in definitiva essere più simili a quelle di una grave influenza stagionale (che ha un tasso di mortalità di circa lo 0,1%) o di un'influenza pandemica (simile a quelle del 1957 e del 1968) piuttosto che una malattia simile alla Sars o alla Mers, che hanno avuto tassi di mortalità rispettivamente del 9-10% e del 36%". Lei è d'accordo? Sono stato il primo a dirlo. Se lei guarda i dati americani che sono gli unici validi sull’influenza leggerà che la mortalità degli ospedalizzati è intorno al 6%. Se analizza quelli italiani sulla mortalità degli ospedalizzati per il coronavirus è intorno al 6%. Quindi è sicuramente una infezione nuova, difficile, con molti pazienti che hanno difficoltà ad essere ventilati però non è la Sars o il coronavirus dei cammelli, con una mortalità ospedaliera intorno al 15%. Si tratta di una situazione che in un sistema sanitario come il nostro, purché non vada in crisi come accaduto qualche giorno fa in Lombardia, potremo gestire. Le condizioni del "paziente 1" preoccupano molto, perché giovane. Come considerarlo? Non è guarito perché probabilmente ha avuto una forma particolarmente aggressiva ed è arrivato molto tardivamente alla diagnosi. E quando succede questo e non ricevi una terapia di supporto, né farmaci antivirali, né la ventilazione, accade che come in ogni forma di polmonite, se trascurata, può essere anche grave e anche mortale. La polmonite può colpire persone giovani? Certo! Abbiamo 13000 morti all’anno per polmonite e molti sono giovani. Nella mia esperienza ho visto morire tantissimi giovani per l’influenza. Il coronavirus si trasmette dalla madre al feto in grembo? No, non si trasmette. Mentre per i bambini c’è pericolo? Sembra esserci un pericolo minore rispetto agli adulti. Sarebbe utile adesso trovare il "paziente 0"? No, dopo un mese non è più necessario. Per qualche giorno abbiamo assistito - se non vogliamo dire ad uno scontro - ma ad un disallineamento tra gli esperti circa la comunicazione della pericolosità del virus. Quanto ciò può costituire un pericolo per scienza che spesso è presa di mira da persone ideologizzate? Io sono un infettivologo e curo i pazienti. Lo "scontro", invece, è tra coloro che studiano il virus. Comunque in questo momento stiamo tutti imparando a gestire questa infezione. Perché le mascherine - se indossate da persone sane - non servirebbero a proteggerle? Non servono perché hanno una durata: la sera si tolgono, per esempio. La mascherina chirurgica, quella che si annoda dietro, serve esclusivamente per contenere, quindi la usano i malati per evitare di trasmettere agli altri. Se vogliamo filtrare, cioè evitare che i microorganismi da fuori vengano dentro, dobbiamo usare delle mascherine specifiche, cioè con la valvola o molto simili, che devono essere usate in maniera appropriata e hanno una durata, cioè filtrano un certo numero di ore. Secondo lei quanto tempo durerà questa emergenza? Al momento è difficile dirlo. Speriamo che nelle prossime due o tre settimane si possa avere una idea più precisa e che abbiano avuto successo gli interventi preventivi. Su diverse testate si legge di diversi ceppi di coronavirus. Può spiegare meglio? Il ceppo che isoliamo è sempre lo stesso, quello proveniente dalla Cina che può avere delle minime variazioni. Joshua Lederberg, biologo premio Nobel, ha detto: "La più grande minaccia per il dominio dell'uomo sul pianeta è il virus". Qual è il Suo parere in merito? Un nuovo virus entra nel mondo, noi non siamo immuni, non abbiamo gli anticorpi, e manca ancora il vaccino. Ciò può costituire una minaccia globale ma credo che il nostro sistema è forte, vincerà il sistema sanitario italiano. Noi siamo forti e preparati e se non ci facciamo prendere di sorpresa come in Lombardia dove ne arrivano troppi e tutti insieme, in generale una onda lunga possiamo affrontarla. Non possiamo affrontare uno tsunami in due giorni però. Molti sono spaventati dal fatto che si usino farmaci utilizzati per l'Hiv. Può spiegare meglio? Nulla di grave, semplicemente i farmaci per l’Hiv inibiscono la replicazione anche del covid. Che appello vuole fare alla popolazione? È giusto che il sistema sia sensibilizzato ma evitiamo di allarmarci troppo perché quando la popolazione si allarma, quando noi medici la allarmiamo, il sistema rischia di saltare. La gente corre al pronto soccorso, saccheggia i supermercati, indossa le mascherine e opta per il fai da te. Non c’è cosa peggiore in un problema come quello che stiamo affrontando che si vada disaggregati. Occorre seguire le indicazioni del Sistema sanitario.