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Dopo le anticipazioni dei media dei giorni scorsi, alla fine il procuratore generale di Israele, Avichai Mandelblit, ha annunciato che intende rinviare a giudizio il premier Netanyahu per le accuse di corruzione, frode e violazione di obblighi fiduciari.
Le accuse nei confronti del primo ministro dello stato ebraico fanno riferimento a tre diversi casi di presunta corruzione. In un caso, Netanyahu è accusato di avere ricevuto dei regali da amici miliardari in cambio di favori politici. In un’altra vicenda, il premier è accusato di aver varato regolamenti favorevoli alla compagnia di telecomunicazioni Bezeq, in cambio di una copertura a lui favorevole da parte del sito Walla, il cui editore Shaul Elovitch è anche maggiore azionista della Bezeq.
Infine, Netanyahu è accusato di aver chiesto una copertura giornalistica a lui favorevole sul quotidiano Yedioth Ahronot, in cambio di misure economicamente dannose per un giornale rivale. Il premier ha respinto ogni accusa, definendo le indagini neu suoi confronti una «caccia alle streghe».
La richiesta di rinvio a giudizio non mancherà di avere un forte impatto sulla campagna elettorale per le elezioni legislative del 9 aprile, dove il premier deve battersi contro il nuovo partito centrista dell’ex capo di stato maggiore Benny Gantz e il suo alleato Yair Lapid.
Nelle scorse settimane Neatanyahu aveva cercato invano di fare pressioni su Mendelblit perchè la decisione sull’incriminazione fosse rimandata a dopo il voto per non influenzare le scelte degli elettori. La leader dell’opposizione Shelly Yachimovich ha chiesto le dimissioni del premier «a partire da questo triste momento Netanyahu combatterà per la sua vita personale: non è adatto a lottare per la vita dei cittadini dello Stato, non è adatto a essere primo ministro e non è neanche in grado di candidarsi alle elezioni», ha spiegato la Yachimovich, leader del Partito laburista israeliano.
«Mi rivolgo a Netanyahu: se sei patriota non puoi prendere in ostaggio un intero paese. Non sei Superman, nessun essere umano può prendere decisioni cruciali a livello nazionale senza che siano influenzati dalla sua battaglia personale»