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Netanyahu
A un mese esatto dal sanguinoso attacco di Hamas a Israele, la guerra dello Stato ebraico al movimento islamista ha causato undicimila morti, un disastro umanitario senza precedenti e non mostra alcun segno di svolta e neanche di prospettiva futura.
Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, resiste alle richieste di un cessate il fuoco ma apre (timidamente) alla possibilità di brevi pause umanitarie di un’ora, solo per permettere l'ingresso di aiuti o il rilascio di ostaggi dalla Striscia. Ma il premier israeliano ha anche avvertito che Israele si incaricherà della sicurezza del territorio palestinese una volta terminata la guerra. In sostanza una rioccupazione della Striscia, che per gli Stati Uniti “non è una buona idea”. “Il presidente (Joe Biden) ritiene ancora che la rioccupazione di Gaza non sia una cosa buona, non per Israele”, ha spiegato il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby. Ai microfoni della Cnn, Kirby ha ribadito anche che gli Stati Uniti continuano a credere in una soluzione a due Stati. “Riteniamo che entrambe le parti possano vivere in pace e sicurezza in futuro. Il presidente non ci ha rinunciato, anche se ci troviamo nel mezzo di un conflitto”, ha affermato il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa. Mentre il leader dell'opposizione israeliana, Yair Lapid, ha proposto che l'Autorità nazionale palestinese (Anp) prenda il controllo della striscia di Gaza dopo la fine del conflitto con il movimento islamista palestinese Hamas.
Nell'enclave controllato da Hamas, i servizi sanitari aggiornano un bollettino di vittime che appare sempre più drammatico strage dopo strage: secondo l'ultimo bilancio sono 10.022 i palestinesi morti, la gran parte donne e minorenni. Il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, ha detto che Gaza sta diventando "un cimitero di bambini" ma il Consiglio di Sicurezza al Palazzo di Vetro non riesce a trovare alcuna via di uscita.
Intanto l'esercito israeliano avanza nel cuore dell'enclave. Dopo aver circondato Gaza City, le truppe nelle ultime ore sono avanzate all'interno della città da Nord e da Sud. Hamas, che insieme a Hezbollah continua a lanciare missili contro Israele, non sembra avere la forza di resistere all'avanzare delle colonne di blindati. L'esercito ha detto che le sue operazioni di terra a Gaza, protette dai raid dall'alto e dal mare, sono progredite considerevolmente: l'obiettivo è quello di aumentare la pressione sulle roccaforti di Hamas, tra cui il campo profughi di al-Shati, anche noto come Beach Camp, lungo la costa di Gaza City; e smantellarne i centri di controllo e ai tunnel.
Israele continua anche a lanciare attacchi aerei in tutta la Striscia, compreso il Sud. Secondo fonti palestinesi, nelle ultime ore ci sono state esplosioni a Khan Younis, che è a Sud di Gaza, e in un attacco a Rafah, la località dove sono rifugiate centinaia di migliaia di palestinesi fuggiti dal Nord dopo che Israele ha ordinato l'evacuazione da Gaza City, sono morte 20 persone. Le agenzie di stampa palestinesi hanno anche riferito di soldati israeliani che sono entrati nelle città della Cisgiordania occupata, Jenin e Tulkarem.
La violenza in Cisgiordania è aumentata bruscamente da quando Hamas ha lanciato l'attacco del 7 ottobre, costato la vita a 1.400 persone e la sparizione di oltre 240, trascinate nell'enclave. Proprio Netanyahu ieri ha nuovamente chiarito che un cessate il fuoco nella Striscia dipende dal rilascio di tutti gli israeliani tenuti in ostaggio da Hamas, anche se ha ventilato la possibilità che Israele possa consentire "pause tattiche" per scopi umanitari. In queste ore i ministri degli Esteri del G7 iniziano a Tokyo un incontro da cui potrebbe emergere una richiesta congiunta per applicare una pausa umanitaria nella martoriata Striscia.