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Torna in carcere Nasrin Sotoudeh, avvocato e difensore dei diritti umani in Iran, dopo il congedo medico concesso a inizio gennaio. L’attivista ha fatto ritorno nella prigione di Qarchak, dopo essere stata sottoposta, pochi giorni fa, ad angiografia cardiaca. A darne notizia è Reza Khandan, marito di Sotoudeh, che ha espresso preoccupazione per la salute della donna, ricordando le catastrofiche condizioni della prigione: la cella in cui si trova reclusa la moglie, infatti, sarebbe una stanza di dieci metri quadrati, senza finestre, con 12 letti.
Secondo Khandan, nonostante il coronavirus, i prigionieri non riescono a mantenere la distanza di sicurezza. Ed è questo il motivo per cui Nasrin ha contratto il virus meno di tre settimane dopo essere stata trasferita a Qarchak. L’avvocata era stata arrestata il 14 giugno 2016 a casa sua e trasferita alla prigione di Evin, vedendosi infliggere, nel 2018, una condanna a 33 anni di prigione e 148 frustate con l’accusa di «propaganda sovversiva» per aver difeso alcune donne che avevano sfidato il divieto di non portare l’hijab ( il tradizionale velo femminile obbligatorio nella Repubblica sciita) in pubblico. Sotoudeh, che assieme al marito è fra i principali attivisti iraniani per i diritti umani, si è sempre detta innocente, dicendo di aver soltanto manifestato pacificamente per i diritti delle donne e contro la pena di morte.
«Nasrin è tornata in prigione - ha scritto Khandan sul suo profilo Facebook -. Era angosciata qualche giorno fa all'ospedale Pars di Teheran. Purtroppo, le condizioni delle carceri in Iran sono terribili e i prigionieri che hanno problemi fisici e malattie tollerano condizioni più difficili. La prigione di Qarchak è un disastro per centinaia di donne prigioniere. La maggior parte delle stanze di Gharchak sono di 10 metri quadrati, compresa la stanza dove Nasrin e altri 40 prigionieri sono imprigionati in un salone chiamato '' Counseling Hall 2''.
Queste stanze della prigione definite “capanna” hanno 12 posti letto e mancano le finestre. Questa è la struttura progettata dai costruttori di questa prigione. L'orribile odore di questa prigione assomiglia al fetore dei cadaveri». Prima di tornare in prigione, Nasrin ha voluto visitare il suo ufficio, nel quale non metteva piede da due anni e mezzo, per alcuni minuti. «L’Iran è un posto dove nessun tipo di critica al governo è concessa. Le carceri sono luoghi senza regole e anche gli adolescenti possono essere condannati a morte, in spregio a qualsiasi convenzione internazionale.
E nessun giornale può raccontare quello che accade: l’unica tv è quella di Stato, che spesso manda in onda, prima dei processi, le false confessioni estorte ai prigionieri con la tortura», ha dichiarato nei mesi scorsi Khandan al Dubbio, che ha anche sottolineato come le violazioni dei diritti umani, in Iran, siano diffuse e sistematiche ed avvengano per conto del governo. «Le libertà sociali e politiche sono molto limitate - ha spiegato -. L’Iran è al primo posto nel mondo per numero di esecuzioni rispetto alla popolazione e la tortura ( in particolare la fustigazione) viene applicata in forme legali, illegali e sistematiche. La libertà dei media è generalmente limitata. Le elezioni nel paese sono diventate un fenomeno senza senso. I diritti delle donne, delle minoranze etniche e religiose vengono ignorati e la discriminazione di genere dilaga. Le proteste pacifiche vengono generalmente represse. I cittadini possono essere condannati a cinque anni o più di carcere per aver usato internet». Per Khandan, il sistema giudiziario iraniano non segue alcuna legge quando agisce contro l’opposizione. Agisce in conformità agli ordini impartiti dalle agenzie di sicurezza, tanto che i prigionieri politici risultano tra i cittadini più indifesi dell’Iran e vengono trattati dalle forze di sicurezza utilizzando come loro strumenti i giudici delle corti rivoluzionarie. «Mia moglie ha fatto uno sciopero della fame per dare voce ai prigionieri politici e penso che questa voce sia stata ascoltata dall’opinione pubblica mondiale - ha aggiunto -. Quanta pressione possa esercitare l’opinione pubblica sul governo iraniano, poi, è un’altra questione. Ma almeno nel caso di mia moglie e di alcuni altri prigionieri politici e con doppia cittadinanza, questa pressione si è manifestata».