I seguaci di Hassan Nasrallah, convinti che il suo destino sia scritto nel nome che in arabo significa “vittoria di Dio”, da oltre trent’anni consacrano al loro leader un autentico culto della personalità. Chiunque abbia visitato i quartieri sud di Beirut avrà visto occhieggiare in formato gigante il suo ritratto dai palazzi: turbante nero, occhiali a montatura spessa, e la folta barba diventata bianca nel corso del tempo.

È infatti dal 1992 che Nasrallah è l’indiscussa guida spirituale, politica e militare delle milizie sciite di Hezbollah, una spina nel fianco di Israele, che nei suoi discorsi altro non è che l’odiata “entità sionista”. È senza dubbio lui il prossimo obiettivo dell’Idf che vuole regolare i conti una volta per tutte con il suo storico nemico. Impresa tutt’altro che facile.

Finanziato dai Guardiani della rivoluzione di Teheran, il movimento era stato fondato dieci anni prima, nel 1982, dal mullah Ali Akbar Mohtashami ( ex ministro dell’interno di Khomeini) in seguito all’invasione israeliana nel sud del Libano e per due lustri ha combattuto contro lo Stato ebraico e i suoi alleati compiendo attentati, sequestri di persona, azioni militari. Un gruppo di combattenti, emanazione diretta dell’Iran degli ayatollah, classificato come terrorista dai principali paesi occidentali, ma che fino ad allora aveva operato in una dimensione militarmente rilevante ma politicamente limitata.

La morte del leader Abbas Mussaoui, ucciso dall’esercito di Tel Aviv nel 1991, favorisce l’improvvisa ascesa di Nasrallah che viene scelto direttamente dalla guida suprema iraniana Alì Khamenei. In pochissimo tempo cambia il volto del movimento che subisce una vera e propria rifondazione. Il carisma personale, le grandi capacità oratorie e la vasta cultura religiosa di Nasrallah aumentano il prestigio, la popolarità e soprattutto il radicamento del “Partito di Dio” nella minoranza sciita libanese.

I media del mondo arabo da parte loro sono sedotti dalla sua personalità, dalla sua dottrina sociale e dal piglio rivoluzionario. Qualche anno fa la tv del Qatar al Jazeera gli consacrò un ritratto in cui lo paragonava addirittura a Che Guevara e a Fidel Castro e lo stesso New York Times ha evidenziato le sue doti di comunicatore e di stratega. Sul piano militare Hezbollah cresce in maniera esponenziale grazie al prezioso supporto logistico di Teheran ma anche per audacia del suo leader che sfida frontalmente l’esercito israeliano (ipotesi impensabile per i più “anarchici” combattenti di Hamas) durante le operazioni Justice Served (1993) e Grapes of Wrath (1996) contribuendo in modo determinante al ritiro dell’Idf dal Libano nel 2000.

Ma il successo più grande, che gonfia a dismisura la fama di Nasrallah nel mondo arabo, è nel conflitto del 2006 quando dopo 33 giorni di combattimenti durissimi costringe nuovamente allo Stato ebraico a ritirarsi entro i propri confini in quella che ancora oggi a Tel Aviv viene vissuta come una bruciante sconfitta. Da poche migliaia di combattenti Hezbollah è arrvata a vantare più di centomila mujaheddin, pronti a tutto e ben addestrati. Secondo alcuni analisti, dopo le forze armate israeliane, le milizie sciite sono il secondo esercito del Medio Oriente per organizzazione e potenza di fuoco.

Con le vittorie militari è cresciuta anche l’influenza politica nella società libanese: sotto la guida di Nasrallah il movimento sciita riesce infatti a entrare in Parlamento dove attualmente può contare su 13 deputati e persino su due ministri (Trasporti e Lavoro). Adorato dalla sua comunità, il 64enne leader di Hezbollah è ugualmente temuto e detestato dalle componenti cristiane e laiche della politica libanese che lo accusano di aver partecipato assieme alla Siria di Assad all’attacco terroristico in cui nel 2005 perse la vita l’ex presidente Rafic Hariri.

Consapevole di essere in cima alla black list di Tel Aviv da tempo immemore, Nasrallah vive nascosto da oltre un ventennio, rarissime sono le sue apparizioni pubbliche come i bagni di folla. Ma i suoi discorsi, trasmessi regolarmente dagli scantinati di Beirut sud sono un piccolo grande evento in cui il grande leader infiamma i seguaci con le sue profezie, le sue intemerate e traccia la linea sul da farsi. Sfuggito a decine di tentativi di assassinio chissà se Hassan Nasrallah terrà ancora volta fede al suo nome “vittorioso”, riuscendo a sopravvivere anche alla guerra e al governo di Benjamin Netanyahu.