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Narges Mohammadi
Narges Mohammadi è stata scarcerata, la cinquantaduenne iraniana, premio Nobel per la pace nel 2023, imprigionata da oltre un decennio, e uscita infatti dal famigerato carcere di Evin, a Teheran, per motivi di salute.
Purtroppo non si tratta di una liberazione definitiva ma solo di una sospensione temporanea della pena di appena ventuno giorni. Pensare che il regime degli ayatollah abbia voluto compiere un gesto di clemenza rimane una pia illusione come dimostrano le cifre, mostruose, della repressione politica in corso in Iran. A dare notizia della libertà provvisoria è stata la stessa Narges Foundation che ha messo in rilievo come la scarcerazione arrivi troppo tardi rispetto a quando sarebbe dovuta avvenire.
Narges Mohammadi, rende noto l'organizzazione in un comunicato, «ha subito un doloroso intervento chirurgico alle ossa di una gamba e solo in questo caso il pubblico ministero ha finalmente approvato la richiesta dell'avvocato Mostafa Nili, per una sospensione della carcerazione.
A differenza di un congedo medico, che avrebbe consentito al periodo di recupero di essere conteggiato nella sua pena detentiva, questa sospensione significa che in realtà una volta ritornata in cella dovrà scontare altri ventuno giorni». Narges necessita infatti di cure mediche specialistiche in un ambiente sicuro e igienico. Secondo i medici, un minimo di tre mesi di recupero è fondamentale per la sua guarigione.
La Narges Foundation ha sottolineato anche come settimane di sofferenza straziante in prigione, evidenziano il «persistente disprezzo per le libertà fondamentali di Narges Mohammadi e il trattamento disumano che sopporta», anche dopo aver ricevuto il premio Nobel per la pace.
La salute di Mohammadi è precipitata durante la sua lunga detenzione. Due anni fa ha subito diversi attacchi cardiaci prima di essere trasferita in ospedale per un intervento chirurgico d'urgenza al cuore. All'inizio di ottobre di quest’anno, la famiglia ha espresso serie preoccupazioni in merito ai ripetuti rifiuti da parte dei funzionari della prigione di Evin di portarla in un nosocomio per eseguire un'angiografia, un intervento che le era già stato stato prescritto. Finalmente le fu consentito di visitare a ottobre. Il suo avvocato difensore annunciò che durante una visita medica, i dottori avevano scoperto una lesione ossea nella sua gamba destra sospettata di essere cancerosa. Sebbene Mohammadi fosse stata sottoposta a un intervento chirurgico per rimuovere parte dell'osso, fu trasferita di nuovo in prigione dopo soli due giorni, contro il consiglio del suo medico e la richiesta del suo team legale, nonostante non fosse in grado di camminare o persino di sedersi.
Le condizioni igieniche precarie della prigione, l'assenza di cambi di medicazioni sterili, il sovraffollamento nel reparto femminile, il suo sistema immunitario compromesso e lo stress del suo recente intervento chirurgico hanno avuto un impatto gravissimo sulla salute di Narges Mohammadi.
Per molti anni, la cinquantaduenne ha combattuto contro la discriminazione sistematica e l'oppressione delle donne in Iran. In prima linea in una coraggiosa lotta per i diritti umani, la libertà e la democrazia. Nel 2003 è entrata a far parte del Centro per i difensori dei diritti umani di Teheran, un'organizzazione fondata da un altra importante premio Nobel per la pace, Shirin Ebadi.
Mohammadi ha assistito attivisti incarcerati e le loro famiglie. È stata partecipe della campagna contro la pena di morte e contro l'uso sistematico della tortura e della violenza sessualizzata nelle carceri iraniane da parte del regime.
La vicenda di Mohammadi rientra nel pesantissimo giro di vite repressivo che ha preso il via dopo le proteste del 2022 a seguito della morte della ragazza curda Mahasa Amini, che diede il via a un più vasto movimento denominato Donna Vita Liberta. Da allora la pena di morte e le migliaia di incarcerazioni sono diventate una costante.