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FILE - Elon Musk, Tesla CEO, attends the opening of the Tesla factory Berlin Brandenburg in Gruenheide, Germany, March 22, 2022. Musk is already floating major changes for Twitter — and faces major hurdles as he begins his first week as owner of the social-media platform. Twitter's new owner fired the company's board of directors and made himself the board's sole member, according to a company filing Monday, Oct. 31, 2022, with the Securities and Exchange Commission. (Patrick Pleul/Pool via AP, File)
Elon Musk detesta Wikipedia, la odia di un odio viscerale, primitivo; per il padrone di Tesla, SpaceX, Starlink e X la celebre enciclopedia online non è altro che «un covo di faziosi attivisti di estrema sinistra» che diffonde «la propaganda dei media mainstream». Se fosse per lui, la comprerebbe e la rivolterebbe da cima a fondo, proprio come ha fatto con Twitter per 44 miliardi di dollari, licenziando migliaia di dipendenti e cancellando i filtri sul linguaggio d’odio e le fake news nel nome del suo credo libertariano.
Siccome Wikipedia non è vendita, l’uomo più ricco del pianeta invita i suoi fan a boicottarla e i donatori a interrompere i finanziamenti «fino a quando non verrà restaurato l’equilibrio». Ma non era il paladino della libertà assoluta di espressione, il nemico di ogni censura? La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’ultimo aggiornamento sulla versione anglofona della voce “Elon Musk” che fa riferimento al presunto saluto romano esibito durante il raduno serale per l’insediamento di Donald Trump.
Ecco come il fatto viene illustrato: «Musk per due volte ha teso il braccio verso l’alto, in direzione della folla, un gesto che è stato paragonato a un saluto nazista, ma il suo autore ne smentisce il senso politico». Per Jimmy Wales, cofondatore dell’enciclopedia contesta le accuse di Musk, ricorda che si tratta di un progetto partecipativo senza linea editoriale o politica e rivendica l’approccio del tutto neutrale: «Cosa ci sarebbe di impreciso in questa descrizione? Musk ha eseguito quel gesto due volte e in molti lo hanno equiparato a un saluto nazista. Musk ha poi affermato che quei saluti non avevano alcun significato politico. Questa non è propaganda mediatica. Questi sono semplicemente i fatti».
Non è la prima volta che Musk lancia nei confronti di Wikipedia; lo scorso anno aveva protestato contro una fantomatica «deriva woke» del sito citando una fake news diventata virale negli ambienti della destra MAGA secondo cui nel bilancio della Fondazione Wikipedia ben 48 milioni di dollari sarebbero destinati alla promozione e progetti di «diversità e inclusione» e storpiandone il nome in «Wokepedia». In realtà la cifra serve per sviluppare l’enciclopedia, investire nella cybersicurezza e pagare gli stipendi degli avvocati per le cause legali.
L’odio di Musk per Wikipedia sembra coincidere con la sua folgorazione trumpiana avvenuta nel 2022. Appena l’anno precedente aveva inviato uno zuccheroso messaggio su Twitter per salutare il ventennale dell’enciclopedia: «Tanti auguri Wikipedia! Sono così contento che tu esista», mentre l’anno precedente aveva donato alla Fondazione un milione di dollari, non una cifra monstre considerando il suo immenso portafoglio, ma pur sempre un milione di dollari.
Le cose però cambiano in fretta, l’incontro con The Donald e l’impegno in prima linea nella campagna elettorale ha radicalmente cambiato il punto di vista, iniziando a contestare la visione «politicamente corretta» e il modo «fazioso» con cui a suo avviso presenta i fatti relativi alla politica americana.
La crociata di Musk si intreccia con l’odio verso un altro media d’oltreoceano, la radio NPR finanziata dalle donazioni degli ascoltatori e in parte anche da fondi pubblici. La linea di NPR è chiaramente orientata a sinistra, ma a farlo infuriare stata l’uscita della radio da X proprio dopo che la piattaforma di microblogging venne acquistata da Musk. Anche in quel caso l’imprenditore sudafricano naturalizzato statunitense aveva chiesto l’nterruzione dei finanziamenti. E chi c’era alla guida della radio? Katherine Maher, ex direttrice della Wikimedia Foundation.