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L’uomo più ricco del pianeta accanto all’uomo più potente del mondo; il sodalizio tra tycoon sullo sfondo della Casa Bianca è un concentrato di potere purissimo che intreccia la forza bruta dello Stato con gli spiriti animali del mercato, un mostro a due teste animato da personalità dominanti e imprevedibili, due figure sopra le righe, che si somigliano e che soprattutto si pigliano. Qualcosa di mai visto prima nella storia politica dell’occidente.
Senza il contributo attivo di Elon Musk nella campagna elettorale, alla quale ha offerto milioni di dollari e quintali di carisma, l’affermazione di Donald Trump non sarebbe stata così netta. Il suo social, X, ha fornito praterie sterminate a fake news e teorie del complotto, in particolare negli Stati in bilico dove i sondaggi indicavano un testa a testa con Kamala Harris e che invece hanno suggellato l’apoteosi del candidato repubblicano. Non è un caso che Musk abbia trasferito in Pennsylvania il quartier generale di America Pac (il comitato che raccoglie fondi per le donazioni ai candidatati) raccogliendo 118 milioni di dollari in tre mesi.
A quanto è servita questa propaganda? Difficile misurarne gli effetti ma senza dubbio il padrone di Tesla e Space x si è rivelato un alleato formidabile nella battaglia presidenziale verso cui Trump sembra nutrire una grande ammirazione intellettuale e un affetto sincero. Come accade ai narcisisti volubili e umorali, il neo-presidente sa anche essere generoso e riconoscente con le persone che apprezza o di cui ha bisogno.
Nel discorso di ringraziamento per la vittoria, il primo ad essere citato da The Donald è stato proprio lui, amazing Elon, «il supergenio» come lo ha chiamato nel tripudio del Convention center di Palm beach animato da migliaia di seguaci. E come aveva promesso durante la campagna elettorale, Musk svolgerà un ruolo di primaria importanza nella prossima amministrazione. Difficilmente si tratterà di un incarico ministeriale o con portafoglio, al contrario la strada più plausibile è quella di consigliere personale del presidente, una sorta di cardinale Richelieu visionario e sotto steroidi.
Di provenienza libertariana (il movimento politico Usa che predica la quasi abolizione dello Stato), Musk tenterà senz’altro di abbassare drasticamente la pressione fiscale alle imprese (in particolare le sue), di tagliare la spesa pubblica e in generale di ridurre «la burocrazia» come ha ripetuto poche ore prima del voto in un’intervista al guru dell’alt right Tucker Carlson in cui ha promesso che la futura amministrazione ridurrà il numero delle agenzie federali perché «l’America è un paese di costruttori che devono essere lasciati liberi di costruire». Poche settimane prima delle elezioni in un colloquio con Fox News, lo stesso Trump aveva parlato di «segretario al taglio dei costi», una carica non ufficiale e fuori dai gabinetti dei ministeri.
Oltre al versante economico, dove la sua impronta sul mandato sarà fondamentale, la presenza di Musk nelle stanze dei bottoni avrà conseguenze anche sulla geopolitica degli Stati Uniti; ad esempio le sue posizioni scettiche sugli aiuti all’Ucraina e il rapporto personale con Vladimir Putin, peraltro condiviso con Trump, rischiano di segnare la resa totale di Kiev alle pretese del Cremlino.
Anche nel rapporto con la Cina gli interessi personali dell’imprenditore non coincidono con la linea antagonista storicamente condivisa da repubblicani e democratici; ad esempio Tesla dipende in buona parte dal mercato cinese, sia nella produzione che nella vendita di veicoli, l’acuirsi del conflitto commerciale tra Washington e Pechino sarebbe un colpo durissimo ai profitti di Musk. Il quale all’inizio di quest’anno si è spinto oltre, entrando a gamba tesa sulla delicatissima questione Taiwan, candidamente definita come «parte integrante della Cina». Va da sé che il ruolo di SpaceX, che detiene il monopolio nel settore aerospaziale e nella gestione di satelliti commerciali e governativi, sarà ancora più dilagante nei prossimi quattro anni, magari a discapito della concorrenza come la malandata Boeing o della stessa Nasa.
In attesa di capire quanto ampia sarà l’influenza di Elon Musk nel prossimo governo degli Stati Uniti, possiamo già misurare gli effetti del trionfo trumpiano sulle aziende di famiglia: a Wall Street le azioni di Tesla sono infatti schizzate a 270 euro, il punto più alto dal 2021.