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Permessi premio, semilibertà e lavoro esterno: i dati del 2017. Le evasioni da permessi premio, semilibertà e lavoro esterno sono sempre accompagnate da polemiche. Così come avvenuto per la vicenda di Giuseppe Mastini, meglio noto col nome di Johnny Lo Zingaro, uscito dal carcere di Fossano con altri tre detenuti, come lui in regime di semilibertà e ammessi al lavoro esterno, e che non si è presentato alla scuola di polizia penitenziaria di Cairo Montenotte, al confine tra le province di Cuneo e Savona lo scorso 30 giugno. L'ultima evasione riguarda un ristretto nel carcere di Terni quando era al suo primo giorno di lavoro esterno, così come per un altro detenuto nel carcere di Volterra che era in permesso premio. Per questi tre casi parliamo di misure alternative e non di detenzione e di un totale di tre evasioni nei primi sei mesi dell'anno 2017: 3 persone su 46.085 detenuti che, complessivamente in questo periodo, hanno beneficiato delle misure alternative al 30 giugno di quest'anno Ma la colpa è dei permessi premio e delle misure alternative? La risposta è no e chiariamo perché. Le misure alternative alla detenzione possono essere concesse solo ai condannati definitivi (per i quali la sentenza di condanna è irrevocabile, cioè non più impugnabile) e sono state previste dal legislatore in modo da facilitare il reinserimento sociale dei condannati nella società civile. Tra le principali misure alternative alla detenzione vi sono: per l'appunto l'affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione e la semilibertà. La detenzione domiciliare viene applicata quando al condannato viene concesso di scontare alcuni periodi di pena presso la propria abitazione oppure presso centri pubblici volti alla cura e all'assistenza dello stesso o presso altri luoghi definiti dalla legge come private dimore. Essa è diversa dagli arresti domiciliari. I secondi rappresentano infatti in gergo una misura cautelare, che quindi comporta sempre una limitazione della libertà personale. Nel caso della detenzione domiciliare, invece, viene concessa al condannato una sorta di riscatto dalla pena stessa prevista. Questa misura alternativa è inoltre possibile solo per coloro che devono scontare una pena che non superi i quattro anni di reclusione. La semilibertà, invece, può essere definita come una misura alternativa "impropria", ovvero il condannato resta in stato di detenzione e il suo reinserimento nell'ambiente libero è parziale. La sua disciplina giuridica consiste nel concedere al condannato e all'internato di trascorrere parte del giorno fuori dall'Istituto di pena per partecipare ad attività lavorative, istruttive e utili al reinserimento sociale. Le statistiche dicono che le misure alternative funzionano per il reinserimento dei detenuti nella società, la recidiva si abbassa e il Paese diventa più sicuro. Anche il Sappe, il sindacato della polizia penitenziaria, spiega che queste evasioni - a corredo dell'articolo c'è un grafico elaborato da Il Dubbio a dimostrarlo - sono dati minimi rispetto ai beneficiari. "Servirebbe, piuttosto - spiega Donato Capece, il segretario del Sappe, un potenziamento del personale di Polizia penitenziaria nell'ambito dell'area penale esterna. A nostro avviso è fondamentale potenziare i presidi di polizia sul territorio, potenziamento assolutamente indispensabile per farsi carico dei controlli sull'esecuzione delle misure alternative alla detenzione, delle ammissioni al lavoro all'esterno, degli arresti domiciliari, dei permessi premio, sui trasporti dei detenuti e sul loro piantonamento in ospedale. E per farlo, servono nuove assunzioni nel corpo di Polizia penitenziaria". Capece poi prosegue con la denuncia: "La sicurezza dei cittadini non può essere oggetto di tagli e non può essere messa in condizione di difficoltà se non si assumono gli Agenti di Polizia Penitenziaria. Anche queste possono essere le conseguenze alle quali si va incontro con lo smantellamento delle politiche di sicurezza dei penitenziari e delle carenze di organico della Polizia penitenziaria, che ha 8mila agenti in meno". Le misure alternative, infatti, sono una risorsa indispensabile per la riuscita della pena. L'ultima notizia di cronaca riguarda Remi Nikolic, il giovane nomade che nel gennaio 2012, a bordo di un suv, travolse e uccise l'agente di polizia locale Niccolò Savarino. Condannato a 9 anni nel carcere minorile, ora esce dal carcere per scontare la pena all'affidamento in prova. L'applicazione dell'affidamento da un lato fa venir meno ogni rapporto del condannato con l'istituzione carceraria e dall'altro comporta l'instaurarsi di una relazione di tipo collaborativo con l'ufficio di esecuzione penale esterna (Uepe). L'esito positivo del periodo di prova, la cui durata coincide con quella della pena da scontare, estingue la pena e ogni altro effetto penale. Parliamo di una delle misure alternative alla detenzione che rappresentano un'alternativa al carcere e consentono al soggetto che abbia subìto una condanna definitiva di scontare tutta la pena (o una parte di essa) fuori del carcere.