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La stiamo già vedendo ed apprezzando come Veronica Castello in 1993 su Sky Atlantic ed ora Miriam Leone tornerà anche su Rai2 con la seconda stagione di Non Uccidere in cui veste nuovamente i panni dell’ispettore capo Valeria Ferro. Sarà la prima serie che Rai presenta in modalità box set completa sul suo portale Raiplay in anteprima. Per la prima volta nella storia della rete nazionale, i primi 12 episodi dalla nuova durata più internazionale di 50’ l’uno, saranno infatti a disposizione per la visione sulla piattaforma streaming Rai dal 1 giugno ed andranno poi in onda su Rai2 dal 12 giugno, ogni mercoledì, per 6 serate. Non Uccidere è stata anche venduta in tutto il mondo e ha recentemente debuttato in Francia e Germania su Arté con risultati superiori alla media di rete. Miriam Leone, tornata da pochi giorni dal set della serie, le cui restanti 12 puntate potremo vedere in autunno, racconta i cambiamenti nel suo personaggio in Non Uccidere e l’importanza di questo ruolo e quello di 1993 per la sua carriera.
Cosa è cambiato nella vita di Valeria, il suo personaggio?
Valeria cambia già dal primo episodio, potrete vedere che ha iniziato a credere in qualche modo nell’amore, mentre nella stagione precedente c’era questo rapporto con un uomo, il vice questore capo interpretato da Thomas Trabacchi, che sostituiva in qualche modo il padre che lei non aveva mai avuto.
Quest’anno avrà una relazione con un quasi coetaneo interpretato da Matteo Martari, che la farà sentire più come una ragazza della sua età. Sarà però difficile mantener un rapporto d’amore dentro una sezione omicidi per cui ci saranno alti e bassi in questa relazione ed i fantasmi del passato di Valeria si scopriranno sorprendenti e atroci.
Come si è preparata per questa seconda stagione? Ha citato Antigone in conferenza stampa
La preparazione di questo personaggio è un regalo perché appunto viaggia in quelle che sono le perdite, i grandi temi dell’umanità, la lotta tra bene e male e la coesistenza di bene e male nel mondo. Grazie al suo intuito Valeria è una luce, nonostante la cupezza e il caratteraccio, in un mondo di tenebre perché vive nella parte del male, in mezzo agli assassini ed ai cadaveri. Ho pensato quindi che riferirmi alla classica tragedia greca per questi temi universali su cui da sempre si interroga l’uomo, potesse aiutarmi ad approfondire già la scrittura e la costruzione del mio personaggio.
A proposito di cupezza, nella serie siete tutti un po’ sciatti e dismessi. Per una persona come lei nota al grande pubblico anche per la bellezza e la cura, quanto è stato faticoso?
Inizialmente, questo è l’aspetto che mi è pesato di più di questa interpretazione. Nel secondo provino che ho fatto mi hanno chiesto di struccarmi. Capite che per una donna, in generale, togliersi questa maschera di gentilezza è difficile. Ed invece è questa la forza del mio personaggio: la semplicità. Ho fatto un lavoro di sottrazione, una scarnificazione dei cliché dell’aspetto femminile perché abbiamo immaginato che questo ispettore abbia talmente tanto a cui pensare che non gliene importa niente di come appare. Anche di carattere Valeria è tagliente, ruvida, non cerca di compiacere mai nessuno e la sua durezza doveva essere rappresentata anche nel volto.
In 1993 invece è diversa, provocante, la si vede spesso svestita. È un ruolo che l’ha messa in difficoltà?
I ruoli devono metterti in difficoltà per crescere, altrimenti si rischia di rimanere in superficie. La nudità per un attore è come quella di un atleta, noi lavoriamo con il nostro corpo, non c’è la voglia di sedurre. Qualunque persona si spoglia nella vita e quindi nel racconto della quotidianità va rappresentato. Valeria di Non Uccidere e Veronica di 1993 son due personaggi agli antipodi da cui ho imparato tanto. Sono la mia doppia V: Veronica da una parte, provocante, sfacciata, con una sessualità completa e Valeria dall’altra, spigolosa, chiusa, una donna che ha indossato un busto ad un certo punto della sua vita per chiuderci dentro queste emozioni e questa ferita.
Nella serie si parla spesso di femminicidio, in che modo secondo lei si può fermare il diffondersi della violenza?
In questa serie di parla di omicidi e si racconta appunto il femminicidio, la pedofilia, le passioni più turpi che accecano l’uomo quando passa nell’oscurità. C’è bisogno di un lavoro di formazione fin da piccoli, nelle scuole si può operare secondo me. Non è semplice però difendersi perché il male è un epifania, a volte appare all’improvviso.
Quanto è contata e quanto ancora conta la bellezza nel suo successo?
Non ci ho mai realmente puntato nella mia vita nel senso che fino a Miss Italia non mi ero mai sentita bella veramente. Lì poi è stato come giocarsi una carta del mazzo che non avevo mai pensato potesse contare nella mia vita, l’ho giocata in quella mano, mi è andata bene, ho avuto fortuna ma poi ciò che conta è sempre l’impegno.
Ha dichiarato che ormai non si cura più dei giudizi su di lei, specialmente quelli negativi, come si riesce a non farsi condizionare?
Non c’è mai una decisione improvvisa, fa parte della crescita, dell’evoluzione e dell’esperienza. In questi dieci anni della mia vita ho iniziato un confronto con il modo esterno che prima non avevo. Ho smesso di cercare di dimostrare qualcosa e mi concentro su quello che sono. Quando piace ciò che ho fatto, mi fa piacere, quando non piace ci sarà un altro a cui piacerà.
Una scelta coraggiosa quella di lasciare la conduzione per provare la carriera di attrice, come l’ha vissuta?
Ho avuto tanta paura in quel momento perché è sempre rischioso lasciare la strada vecchia per la nuova. È stata una scommessa ma ho seguito l’istinto perché non mi sentivo felice e a 23 anni mi sembrava troppo presto per accontentarmi e abbandonare la felicità, quindi ho osato.