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Il Viminale ordina di rintracciare i cittadini nigeriani ed espellerli. Questo è in sintesi è il testo del telegramma a firma del Dipartimento della pubblica sicurezza inviato alle questure. Secondo il documento, dal 26 gennaio al 18 febbraio le autorità devono privilegiare “mirati servizi finalizzati al rintraccio di cittadini nigeriani in posizione illegale sul territorio nazionale”. Per “agevolare” le operazioni sono stati riservati 95 posti nei Centri di identificazione ed espulsione. 50 posti per donne nel Cie di Roma, 25 per uomini a Torino, 10 a Brindisi, 10 a Caltanissetta, per poi procedere ai rimpatri. Per Filippo Miraglia, vicepresidente dell’Arci, si tratta «di una azione di espulsione collettiva, vietata dalla legge, fatta sulla base della nazionalità, quindi discriminatoria, a prescindere dalle condizioni delle singole persone». Secondo il vicepresidente dell’Arci: «Rintracciare sul territorio 95 persone provenienti dalla Nigeria che sono in posizione irregolare, quindi uomini e donne dalle pelle nera che non girano con un cartello con scritto ' nigeriano irregolare in attesa di espulsione', vuol dire procedere a veri e propri rastrellamenti. La posizione irregolare, ammesso che sia corretta, ma non lo è per niente, è una azione contro persone provenienti da un Paese, va valutata caso per caso e non può essere oggetto di un provvedimento collettivo ad hoc che ha il senso di una persecuzione». Per l’avvocato Giorgio Bisagna, Presidente dell’Associazione ‘” Adduma”, associazione di avvocati che si occupa dei diritti dei migranti. «La questione che sconcerta è innanzitutto che si disponga il rintraccio per gruppi etnici. Ci stiamo mobilitando, intanto a livello locale prenderemo le difese dei singoli nigeriani, ma valutiamo anche se c’è la possibilità di agire a tutela dei migranti nigeriani», spiega all’AdnKronos.
Nel frattempo, i primi rimpatri nei confronti dei nigeriani sono stati resi subito operativi. Il giorno dopo il telegramma, il 27 gennaio, sono stati espulsi 36 cittadini nigeriani - precedentemente ospitati presso i Cie di Caltanissetta e Torino - con un volo charter decollato dall’aeroporto di Roma Fiumicino, diretto a Lagos ( Nigeria). “Il rafforzamento - si legge in una nota del ministero dell’Interno - della cooperazione con alcuni Paesi terzi, Nigeria, Tunisia ed Egitto, consente da tempo alla polizia di Stato di organizzare voli charter per il rimpatrio contemporaneo di un numero di migranti compatibile con le esigenze di sicurezza del trasferimento aereo”. A bordo del volo charter con destinazione Nigeria, organizzato in collaborazione con l’Agenzia europea Frontex, sono stati ricondotti a Lagos anche due cittadini nigeriani, espulsi dalla Germania e dalla Polonia.
Nel telegramma emerge anche un altro dettaglio che spingerebbero le autorità a bypassare la legge che consente i giusti tempi per l’identificazione. Se quei 95 posti assegnati ai nigeriani all’interno dei Cie non fossero disponibili, a quel punto si può ricorrere alle dimissioni anticipate degli stranieri ospitati. Il Viminale, nel caso, ordina che i posti vengano resi «disponibili anche mediante eventuali dimissioni anticipate qualora praticabile nell’immediato e senza eccezione alcuna». Il telegramma è in linea con ciò che ha detto il ministro dell’interno Minniti appena insediatosi: raddoppiare le espulsioni, creazioni di nuovi Cie e nuovi accordi di riammissione con i Paesi di origine.
Gli accordi tra Italia e Nigeria per respingimenti ed espulsioni con procedure semplificate risalgono a molto tempo fa, quando gli accordi internazionali erano ancora ratificati dal Parlamento, a differenza di quanto avviene oggi con i cosiddetti Mou ( Memorandum of undestanding) che bypassano l’approvazione dell’Aula, anche quando hanno natura di accordi politici e comportano ingenti oneri finanziari. Obiettivo degli accordi di riammissione è la semplificazione delle procedure di accertamento dell’identità personale e dell’età, al punto che spesso – come accade in questi giorni – si può arrivare persino alle espulsioni collettive di una determinata nazionalità. Per quanto riguarda la Nigeria, la concretizzazione di tali accordi con l’Italia risalgono a febbraio dell’anno scorso quando l’ex capo della polizia Alessandro Pansa, assieme all’ex premier Matteo Renzi nell’ambito della missione nell’Africa Sub- sahariana per contrastare l’immigrazione clandestina, ha firmato con il suo omologo nigeriano Solomon E. Arase un memorandum che prevedeva una collaborazione reciproca tra le autorità per i rimpatri dei nigeriani che non hanno diritto a restare in Italia. Ad agosto dell’anno scorso, gli accordi con la Nigeria si sono ulteriormente rafforzati con la missione dell’attuale premier Gentiloni, all’epoca capo della Farnesina. In cambio dell’accettazione dei rimpatri, Gentiloni ha promesso l’addestramento delle loro forze di sicurezza, la creazione di posti di lavoro, capacity building e sostegno alla governance. L’Italia è un partner economico molto importante per la Nigeria e l’accordo tra i due Stati si inserisce in un patto a larga scala tra l’Unione Europa e la Nigeria. Nello specifico, l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea ( Frontex) ha stipulato un accordo per rendere più efficaci le operazioni di rimpatrio forzato, assumendosi anche la responsabilità di organizzare voli charter congiunti per la riammissione dei migranti nigeriani nel paese di origine.
Secondo l’ultimo studio della fondazione Ismu ( Istituto per lo Studio della Multietnicità), i nigeriani risultano nella “top ten” delle provenienze migratorie non autorizzate via mare: quarti nel 2014, secondi nel 2015 e decisamente primi nel 2016. Appena mettono piede sulle nostre coste, fanno domanda di richiesta di asilo per poter essere regolarizzati. I numeri però parlano chiaro. A fronte delle 28mila domane presentate, per i nigeriani gli esiti positivi in prima istanza nel 2014- 2015 sono stati meno di 6mila. Il motivo? La Nigeria è considerato un “paese sicuro” e quindi la domanda di asilo viene, nella maggioranza dei casi, rigettata. Ma non solo. Molti nigeriani che arrivano in Italia si trovavano in Libia per lavoro, e venivano costretti alla fuga senza possibilità di ritorno diretto nel loro paese, a seguito degli eventi bellici che hanno diviso la Libia in tre parti, obbligando quindi chi voleva salvare la propria vita a tentare l’imbarco verso la Sicilia. Ma essendo nigeriani e quindi cittadini di un “paese sicuro”, non hanno diritto all’asilo politico. Non gli rimane che diventare clandestini.
I nigeriani che arrivano in Italia sui barconi percorrono la rotta occidentale africana attraverso il deserto e fuggono dalla violenza, dagli attentati terroristici, dalle persecuzioni e dagli scontri tra fondamentalismi islamici di Boko Haram e l’esercito, dall’impoverimento e dalla devastazione dei territori dovuto a uno sfruttamento indiscriminato delle risorse, tra cui petrolio, gas e minerali preziosi. A denunciare questa situazione sono i vescovi nigeriani. «Un uragano di violenza», così gli uomini della Chiesa descrivono la situazione del proprio Paese, parlando di «un paesaggio di sangue e distruzione», di «violenza politica, corruzione, rapimenti, rapine a mano armata, omicidi rituali», con «la popolazione devastata dalla malattia e dalla fame e un aumento della violenza da parte di attori statali e non statali». Monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, denuncia che «la Nigeria ha avuto 7000 omicidi nel 2015, è uno dei Paesi del mondo con il più alto numero di attentati terroristici». A proposito della presenza della mafia nigeriana in Italia, spesso a fianco di quelle italiane, fa notare che «non è un fenomeno di oggi, era già una delle più forti». Infine il direttore di Migrantes sottolinea che «a maggior ragione bisogna rafforzare la protezione delle donne nigeriane: non possono essere tutelate nei Centri di accoglienza straordinaria, altrimenti rischiano di finire sulla strada. Questo è l’unico modo per colpire anche le mafie».