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President Donald Trump speaks to reporters before signing an executive order in the Oval Office of the White House in Washington, Monday, March 31, 2025. (Pool via AP)
La stretta degli Stati Uniti contro l’immigrazione sta provocando effetti anche sul diritto di difesa e sull’amministrazione della giustizia. A farne le spese questa volta è stato Erez Reuveni, avvocato del Dipartimento di Giustizia, nominato da poco vicedirettore ad interim della Divisione contenzioso sull’immigrazione.
Secondo i suoi superiori, non avrebbe difeso adeguatamente il governo statunitense in una causa riguardante un cittadino salvadoregno, Kilmar Abrego Garcia, da tempo residente nel Maryland e trasferito a El Salvador nel piano di contrasto alla criminalità straniera. Garcia adesso può rientrare negli Stati Uniti.
La sua estradizione, a seguito di accuse riguardanti l’appartenenza alla gang Ms-13, sarebbe avvenuta con troppa leggerezza - come nei casi di altri cittadini espulsi - e questa volta si sarebbe verificato un clamoroso “errore amministrativo”.
Ad ammetterlo è stato proprio il Dipartimento di Giustizia. La giudice Paula Xinis ha considerato la decisione di arrestare Garcia “totalmente illegale”, ordinando domenica scorsa all’amministrazione Trump di predisporre il rientro dell’uomo negli Stati Uniti. Abrego Garcia è stato arrestato nel Maryland e deportato il mese scorso a El Salvador, nonostante una sentenza del 2019 del giudice dell'immigrazione che ne ha impedito il trasferimento. Già sei anni fa i giudici sostennero che l’uomo, sposato con una cittadina statunitense, era fuggito perché perseguitato da alcune gang locali e avrebbe rischiato la vita nel caso di ritorno a El Salvador, ma, soprattutto, si sostenne che le prove sull’appartenenza al gruppo Ms-13 erano «vaghe e non dimostrate».
Il governo, secondo la giudice Xinis, «non aveva alcuna autorità per arrestare Garcia, nessuna giustificazione per trattenerlo e nessun motivo per mandarlo a El Salvador, per non parlare del fatto di averlo consegnato in una delle prigioni più pericolose dell'emisfero occidentale».
Nella ricostruzione fatta dal New York Times il 12 marzo scorso, Garcia è stato arrestato dalla polizia di frontiera dopo essere andato a prendere uno dei suoi figli a casa dei nonni. I poliziotti hanno motivato il provvedimento sostenendo che il permesso di soggiorno non fosse più valido. Nel processo però questa circostanza è stata smentita. Nonostante ciò, per Garcia è iniziato il giro in diversi centri di detenzione, senza mai potersi difendere davanti a un giudice.
A questo punto entra in scena l’avvocato del Dipartimento di Giustizia, Erez Reuveni, che venerdì scorso ha rappresentato l’amministrazione Trump in un’udienza davanti alla Corte federale. In quella occasione gli avvocati di Kilmar Abrego Garcia hanno ottenuto un provvedimento favorevole, grazie al quale il governo dovrà garantire il rimpatrio del loro assistito a seguito dell’espulsione avvenuta a marzo. Dalla Divisione contenzioso sull’immigrazione l’ammissione: l’ordinanza di espulsione di Garcia è avvenuta per un errore materiale e con superficialità.
A metterci la faccia in udienza è stato l’avvocato Erez Reuveni, il quale nel difendere gli interessi degli Stati Uniti ha rilevato che l’espulsione di Garcia era immotivata. Quando il giudice gli ha chiesto maggiori informazioni sulla detenzione nella prigione di El Salvador, Reuveni ha candidamente affermato: «Non lo so». Una posizione processuale costata cara all’avvocato, sospeso momentaneamente dal servizio e demansionato. Rischia il trasferimento in un altro ufficio o addirittura il licenziamento per non aver difeso con diligenza gli interessi degli Stati Uniti. Eppure, Erez Reuveni è stato sempre considerato un giurista di “prim’ordine”, con una esperienza quasi ventennale e referenze di tutto rispetto in materia di immigrazione. Evidentemente nello studio del caso Garcia, rilevando una serie di “buchi” nella difesa del governo, gli obblighi deontologici hanno prevalso e rappresentato dei confini invalicabili.
Il procuratore generale Pam Bondi, in un'intervista a «Fox News Sunday», ha criticato Reuveni definendo la sua condotta poco attenta nella difesa degli interessi degli Stati Uniti. «Per questo motivo – ha aggiunto Bondi - ora è in congedo amministrativo e vedremo cosa succederà». Il Dipartimento di Giustizia ha chiesto alla Corte federale d’appello di sospendere l’ordine della giudice Xenis di far rientrare negli Stati Uniti Abrego Garcia, affermando che per il momento «non è né possibile né appropriato».
Non sono mancate prese di posizione in favore di Erez Reuveni. Secondo Stacey Young, ex avvocato del Dipartimento di Giustizia e fondatrice di “Justice connection”, organizzazione che riunisce ex dipendenti del Dipartimento, Reuveni ha «rappresentato con zelo gli Stati Uniti in alcuni dei casi di immigrazione più rischiosi e controversi sotto le amministrazioni Obama, Trump e Biden». A descrivere il momento particolare che si vive oltreoceano, con uno scontro tra governo e ordine giudiziario sempre più duro, è la stessa Young: «Gli avvocati del Dipartimento di Giustizia vengono messi in una posizione impossibile. Sono posti davanti ad un bivio che consiste nell’obbedire al presidente o nel rispettare il loro dovere etico nei confronti dei Tribunali e della Costituzione. Dovremmo essere tutti grati agli avvocati del Dipartimento di Giustizia che scelgono i principi rispetto alla politica e lo Stato di diritto rispetto alla lealtà partitica».