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L'ambasciatore italiano Giampiero Massolo
L’ambasciatore Giampiero Massolo, diplomatico e dirigente d’azienda (Mundys), ha spiegato al Giornale i fattori determinanti nella risoluzione del caso Cecilia Sala. Giorgia Meloni ha definito l'operazione una vittoria del "sistema Italia". Massolo ha commentato: «In effetti è un successo dell’Italia. Il sistema ha giocato tutto in squadra, evitando tempi di carcerazione lunghi, il rischio più alto di fronte a un regime come quello iraniano. C’è stata una collaborazione efficace tra intelligence e diplomazia, indicazioni chiare, concordia politica tra maggioranza e opposizione e l’assunzione di rischio personale da parte del presidente del Consiglio, che si è esposta andando a trovare il presidente eletto americano, Donald Trump, a Mar-a-Lago».
«Questi - ha proseguito Massolo - non sono tempi comuni e di procedure rituali. È il tempo della decisione rapida, delle iniziative. Su questo si misura il funzionamento delle democrazie occidentali. Il viaggio del presidente del Consiglio Meloni è stato irrituale, un’assunzione di responsabilità. Non è stato l’unico fattore, ma sicuramente è stato utilissimo e importante sul versante americano, per creare il clima e l’atmosfera giusta».
Quanto alla possibile contropartita concessa all’Iran, Massolo ha precisato: «La condizione giuridica dell’ingegnere iraniano Abedini è nelle mani della magistratura italiana, variabile che non può essere influenzata. L’ultima parola sull’estradizione spetta invece al governo. E su questo fronte è comprensibile che vi sia una ragione di Stato che induce gli esecutivi a prendere determinate decisioni. L’importante è che non si dia l’impressione di scarsa trasparenza, va conservata la credibilità internazionale. E credo sia importante sottolineare che non c’è stata una contestualità fra l’estradizione dell’ingegnere iraniano e la liberazione di Cecilia Sala».
Massolo ha concluso analizzando la posizione dell’Iran e degli Stati Uniti: «La questione è soprattutto quella nucleare. Ma l’Iran non è un monolite. C’è chi a Teheran vorrebbe fare la voce grossa, aumentare l’arricchimento dell’uranio, ma sa che rischia di esporsi al rischio delle bombe israeliane autorizzate dagli Usa. E poi ci sono i conservatori moderati che non vedono nel riarmo nucleare la via e vorrebbero essere più dialoganti con l’Occidente. Sul fronte Usa, a Trump piace negoziare da posizioni di forza. Non sarei stupito, però, se non autorizzasse gli israeliani a bombardare le centrali iraniane per interrompere l’escalation nucleare, cercando invece di costringere Teheran a cessare le proprie ingerenze».