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Edifici distrutti in una zona del villaggio di Kfar Kila nel Libano meridionale
Sale a 22 morti e 124 feriti il bilancio fornito dal ministero della Sanità libanese dell'attacco israeliano oggi nel sud del Libano. In precedenza si era parlato di 15 vittime. «L’aggressione israeliana contro i nostri cittadini che stavano cercando di tornare nei loro villaggi ancora occupati ha provocato 22 morti, tra i quali un militare e sei donne, e 124 feriti», recita un comunicato, specificando che le vittime, nel giorno in cui Israele avrebbe dovuto completare il suo ritiro secondo l'accordo di tregua, stavano tentando di tornare in 19 diversi centri abitati nei pressi del confine.
«Hezbollah sta incitando gli sfollati civili alla rivolta, sta inviando provocatori nel sud del Libano, mentre l'esercito libanese non è riuscito a “ripulire” la zona dalla minaccia terroristica: è quello che temevamo», hanno riferito funzionari israeliani a Ynet, sottolineando che gli scontro sono scoppiati da questa mattina presto, proprio a 60 giorni esatti dalla tregua.
L'Unifil in una nota si è detta «molto preoccupata per le segnalazioni di civili libanesi che tornano nei villaggi dove sono ancora presenti le Forze di difesa israeliane e di vittime a causa del fuoco israeliano». I peacekeeper «si stanno dispiegando nelle aree indicate dalla forze armate libanesi per monitorare la situazione e contribuire a prevenire ulteriori escalation», si legge ancora. Unifil infine sottolinea come «la gestione della folla rimane al di fuori del nostro mandato».
Ma resta caldo anche l’altro fronte, quello di Gaza, con Hamas che accusa Tel Aviv «di aver ostacolato l'attuazione dell'accordo di cessate il fuoco» avendo ucciso almeno un palestinese e feriti altri sette, mentre cercavano di attraversare la Striscia di Gaza settentrionale contro gli ordini dell’esercito israeliano. I terroristi hanno aggiunto che Israele sta «temporeggiando con il pretesto del rapimento di Arbel Yehoud, nonostante abbiamo informato i mediatori che è viva e abbiamo fornito tutte le garanzie necessarie per il suo rilascio».
E a quanto pare l’ostaggio 29enne israeliana-tedesca catturata da Hamas il 7 ottobre 2023, sarà rilasciata 24 ore prima del prossimo scambio di prigionieri previsto per sabato. I mediatori hanno raggiunto un accordo, dopo che Israele aveva denunciato la violazione dell’intesa da parte di Hamas.
Nel frattempo i primi tre ostaggi rilasciati in base all'attuale accordo di cessate il fuoco sono stati dimessi dall'ospedale, afferma lo Sheba Medical Center. Le tre donne, Emily Damari, Romi Gonen e Doron Steinbrecher erano arrivate alla struttura na settimana fa, dopo essere stati liberate da Hamas dopo oltre 15 mesi di prigionia a Gaza.
Novità anche sulla proposta del presidente statunitense Donald Trump di spostare i palestinesi della Striscia di Gaza in Giordania ed Egitto, con quest’ultimo che ha rifiutato. Lo ha riferito al canale televisivo saudita Al-Hadath una fonte egiziana, secondo cui il piano degli Stati Uniti prevede lo spostamento dei palestinesi da Gaza per un periodo da sei mesi a un anno in tre paesi arabi e un paese in Asia. Il piano specifica che i palestinesi dovranno lasciare i paesi ospitanti all'inizio del 2026, ma non specifica se i rifugiati potranno tornare a Gaza.
A favore del pano invece l'esponente dell'estrema destra israeliana, Itamar Ben Gvir, che ha lasciato il governo Netanyahu dopo l’accordo con Hamas sulla tregua. «Mi congratulo con il presidente degli Stati Uniti d'America, Donald Trump, per la sua iniziativa di trasferire i residenti da Gaza all'Egitto e alla Giordania – ha detto – Nell'ultimo anno abbiamo ripetutamente chiesto di incoraggiare l'emigrazione volontaria. Penso che quando il presidente della più grande potenza mondiale solleva questa idea, allora il governo israeliano dovrebbe implementare l'incentivazione dell'emigrazione, ora».