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Mai dire «pregiudicato». Taiwan “censura” una sua giornalista per un servizio dedicato a Donald Trump. TaiwanPlus, emittente in lingua inglese che riceve finanziamenti pubblici, ha confermato di aver rimosso la corrispondenza della sua reporter Louise Watt che dalla Florida raccontava le elezioni americane del 5 novembre. E di averlo fatto perché il termine è stato utilizzato in modo "inappropriato".
Per Watt, davanti alle telecamere nell'Election Day, le elezioni americane sarebbero state "storiche" perché negli Stati Uniti si votava "per il primo presidente donna o il primo pregiudicato". E, in una clip che l'agenzia Afp ha potuto visionare aggiungeva: "Ebbene, l'America sembra aver scelto il pregiudicato". Sabato era intervenuto il ministro della Cultura, Li Yuan, per confermare la rimozione del video da parte di TaiwanPlus dopo un monito all'emittente su quella che viene definita una "questione molto seria".
Dalla Public Television Service Foundation, che gestisce TaiwanPlus e che afferma che il 90% del pubblico dell'emittente è all'estero, hanno fatto sapere ieri che l'emittente "ha umilmente rivisto le sue procedure operative" e che verrà convocata in settimana una "commissione per l'autodisciplina" per affrontare la "questione".
E oggi TaiwanPlus evidenzia come il termine "pregiudicato" sia stato ampiamente utilizzato dai media nel mondo e come potesse essere anche questo il caso del loro servizio. Ma "non in narrazioni inappropriate, come un'eccessiva semplificazione delle elezioni presidenziali americane ridotte a una scelta tra una donna e un pregiudicato".
Da Taipei, dopo la vittoria di Trump, sono subito arrivate le congratulazioni al tycoon del presidente Lai Ching-te (William Lai), che auspica le relazioni tra Washington e Taipei continuino a "fungere da fulcro della stabilità nella regione". In base al Taiwan Relations Act del 1979, gli Stati Uniti - che pur riconoscono il "principio di un'unica Cina" caro a Pechino - sono impegnati a fornire armi per la difesa all'isola, di fatto indipendente, ma che Pechino considera una "provincia ribelle" e per la quale vuole la "riunificazione".
Per il tycoon, come ha detto lui stesso in un'intervista a luglio, "Taiwan dovrebbe pagarci per la difesa". "Non siamo diversi da una compagnia di assicurazioni" e "Taiwan non ci dà nulla", affermava Trump in dichiarazioni apparentemente collegate all'industria dei semiconduttori.