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Tratto in arresto questa mattina presto Antonello Nicosia, membro del Comitato nazionale dei Radicali italiani ed è stato collaboratore per circa quattro mesi della deputata di Italia Viva Pina Occhionero. T ra le varie accuse mosse dalla procura di Palermo c’è quella di aver recapitato fuori dal carcere dei messaggi provenienti da alcuni boss mafiosi con cui aveva parlato durante le visite insieme a Occhionero. La deputata, ex esponente di Liberi e Uguali, non è indagata perché, secondo la procura, non sapeva niente delle presunte attività mafiose di Nicosia. Ha 48 anni ed è originario di Sciacca, in provincia di Agrigento. Conduceva un programma intitolato Mezz’ora d’aria sulla tv locale AracneTV dove approfondiva temi inerenti la condizione carceraria. Ultimamente si era occupato della situazione degli internati al carcere di Tolmezzo. Le visite effettuate con la deputata Occhionero riguarda soprattutto la situazione di questo istituto di massima sicurezza. Secondo quanto riportato dall’agenzia Adnkronos, nell’ordinanza di custodia cautelare, Nicosia avrebbe fatto battute infelici su Giovanni Falcone e riferendosi al latitante Matteo Messina Denaro, lo avrebbe definito “primo ministro”. Però è difficile capire in quale contesto abbia fatto tali riferimenti e il perché, visto che non sono state riportate le intere intercettazioni. La procura, in pratica, accusa Nicosia di essersi costruito un’immagine pubblica di attivista per i diritti dei detenuti con lo scopo di mascherare le sue attività che favorivano diversi boss mafiosi. Oltre alla trasmissione dei messaggi, Nicosia è accusato di aver «portato avanti l’ambizioso progetto di alleggerire il regime detentivo speciale di cui all’art. 41 bis o di favorire la chiusura di determinati istituti penitenziari». Ma anche qui appare fumosa l’accusa. La battaglia contro il 41 bis è legittima ed è stata portata avanti in maniera trasparente da alcuni movimenti politici e associazioni che si occupano dei diritti umani. A proposito dei movimenti politici, interviene Rita Bernardini del Partito Radicale che ha tenuto ha sottolineare tramite Facebook: «Mai stato iscritto al Partito Radicale, ma a Radicali italiani (eletto al Consiglio Generale). Non mi piaceva il suo modo di fare e l’ho scaricato tanti anni fa quando mi chiedeva di entrare in carcere a nome del movimento. Detto questo, più che un messaggero della mafia, mi è sempre sembrato un esaltato, un cretino».