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Se domenica vincesse Marine Le Pen queste elezioni passerebbero alla storia per almeno due ragioni: per la prima volta l’Eliseo sarebbe guidato da un rappresentante del Front National e per la prima volta a farlo sarebbe una donna. Ma basterebbe questo a rappresentare una conquista per le donne? Il Dubbio lo ha chiesto alla sociologa Mariette Sineau, direttrice di ricerca al Cevipof, Centro di studi di Sciences Po.
Se Marine Le Pen il 7 maggio diventasse presidente sarebbe una vittoria dopo anni di battaglie delle donne?
No. Quando si guarda al suo programma, che parla poco di questo ma soprattuto riflette l’ideologia interna del Front National, c’è di che essere preoccupati proprio per le donne. Innanzitutto sulla parità in politica non c’è neanche una riga ma, peggio, una dichiarazione chiaramente contro la parità e contro la discriminazione positiva, che considera una ideologia differenzialista e multiculturale. Vorrebbe tornare alla meritocrazia repubblicana, al concetto di “vinca il migliore”.
In cosa si rifletterebbe questo?
Le Pen ha già detto esplicitamente che non garantirà la parità al governo: non vorrebbe delle donne ministro solo perché sono donne. Che peraltro è l’opposto di quanto annunciato dal rivale Macron.
Su quali altri fronti è in discussione la parità?
Basti osservare che in tutto il suo programma ci sono solo tre righe dedicate alla difesa dei diritti delle donne. Si parla di lottare contro l’islamismo, che fa arretrare le libertà fondamentali; creare un piano nazionale per la parità salariale e lottare contro la precarietà professionale e sociale, due piani di cui non si sa ancora nulla. Parlare invece come combattere l’Islam in questi termini è come dire che essere femministe significa lottare contro l’Islam. Lo stesso atteggiamento che si riflette nel discorso sulla laicità, una sorta di difesa moderata delle donne bianche che però, attenzione, contrasta con quella che è un’altra sua intenzione: far ritornare le donne ai lavori casalinghi e a fare o più figli anziché lavorare. L’allarme è dunque chiarissimo: se il Front National perde a tutte le donne sarà imposto il velo, la sharia prenderà il posto della nostra Costituzione e sarà la barbarie.
Ciononostante, Le Pen si sente una paladina dei diritti al femminile.
Sì, ma attenzione: lei stessa si autodefinisce scegliendo il maschile: «Sono il migliore nella difesa dei dritti delle donne», ha dichiarato. Una sorta di usurpatrice che invoca il femminismo ed evoca la laicità senza però adeguare i suoi strumenti. Lo dimostrano anche altri segnali, come la posizione assunta sulla fecondazione assistita e i matrimoni omosessuali.
Quali sono le idee della leader del Front National su questo?
Innanzitutto, non modificare la legge e mantenere il divieto dell’utero in affitto (“gestazione per altri”, Gpa), oltre a riservare la procreazione assistita solo alle coppie eterosessuali vietandola alla coppie omosessuali. Che poi si riflette anche nell’altra proposta: sopprimere la cosiddetta Legge Taubira (“Il matrimonio per tutti”) e ripristinare la possibilità di matrimonio solo per le coppie eterosessuali, lasciando in vigore per quelle omosessuali una sorta di unione civile sul modello dei Pacs, quindi senza gli stessi diritti del matrimonio.
Sono battaglie che hanno incontrato consensi e portato Le Pen a crescere negli anni. È anche grazie al voto femminile?
La fiducia in Marine Le Pen è un fatto che colpisce se si guarda all’evoluzione del voto: quando a guidare il Fn era suo padre, Jean-Marie, c’erano molte meno donne che lo votavano. Da quando lei è diventata la leader è iniziata la fine della demonizzazione. Ha voluto dare al Fn un aspetto più accettabile e ha fatto un uso strategico del genere così dal 2012 ha iniziato a presentarsi come una donna e madre di famiglia che conosce i problemi delle donne. Questo ha fatto breccia nell’elettorato femminile tanto che oggi la sfida per il secondo turno è se Marine Le Pen riuscirà a ottenere parità di voti. Al momento i segnali dicono che questo accadrà.
Da dove arrivano questi voti?
Sono soprattutto impiegate e operaie a darle la preferenza, proprio perché con il suo discorso è riuscita a convincere quel pubblico che sarà attenta a tutte le persone svantaggiate dal punto di vista sociale e che lo stato se ne occuperà. Presentarsi come candidata che guarda alle donne vittime delle diseguaglianze mentre gli altri partiti di sinistra da tempo li hanno dimenticati - eccetto Jean- Luc Mélenchon è stata una scelta vincente.