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Cecilia Sala arrestata in Iran
Dove sono le femministe? Dove sono le sentinelle del MeToo, quelle pronte a incendiare l’agorà digitale con le loro campagne? Perché tacciono di fronte al “rapimento” di Cecilia Sala da parte di uno Stato islamico che teorizza, codifica e istituzionalizza la sottomissione delle donne a leggi morali decise da uomini? Tacciono. Forse non sanno cosa dire, forse il vocabolario non prevede voci per l’Iran, per la violenza patriarcale (stavolta sì) che si nasconde dietro le barbe degli ayatollah.
Cecilia Sala è stata presa. Non arrestata, ché arrestare è un verbo urbano, ordinato, quasi educato. Qui c’è un rapimento con tanto di timbro e carta intestata dello Stato islamico. “Violazione della legge della Repubblica islamica dell’Iran” – così recita il comunicato, una litania burocratica che pretende di sostituire la realtà con la sua caricatura. Ma non è solo questo il punto. Il vero punto è il silenzio. Un silenzio che diventa assenza, un vuoto che nasconde l’ipocrisia con l’esibizione della retorica. Ed è anche pigrizia intellettuale di un movimento prigioniero di schemi manichei.
Dove sono le voci indignate? Quelle che gridano, spesso giustamente, per ogni ombra di maschilismo occidentale ma che si inceppano davanti a un regime che chiama “polizia morale” i suoi aguzzini? Dov’erano quando Mahsa Amini è stata uccisa perché il suo hijab non era abbastanza “ordinato”? E il 7 ottobre, quando Hamas ha fatto della violenza sessuale un’arma politica? Dov’erano il 7 ottobre? Dove sono per Nasrin Sotoudeh, per le donne e gli uomini capaci di sfidare la brutalità di un regime che invoca Dio anche quando appende al cappio di una gru 800 persone l’anno, colpevoli di non essersi sottomesse?
Questo silenzio, questa amnesia non è casuale. È complice. Le donne schiacciate dagli ayatollah? Pazienza, il nemico è altrove. Cecilia Sala sequestrata? Si abbassa lo sguardo.
Ma il silenzio non è mai innocuo. Ogni volta che scegliamo di tacere rinunciamo a un pezzo della nostra libertà. E un giorno, inevitabilmente, qualcuno ci presenterà il conto. Un conto che nessuna retorica, nessun hashtag, potrà mai ripagare.