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Dopo il voto all'Onu per l'imposizione di una tregua nel conflitto tra Israele e Hamas, che fermi temporaneamente i raid su Gaza, e le critiche statunitensi sempre meno nascoste nei confronti del governo Netanyahu, ieri Israele ha dovuto incassare un'altra bordata arrivata da Strasburgo.
La presidente della commissione Ue Ursula Von der Leyen infatti, durante una sessione plenaria, intervenendo dopo il discorso del premier spagnolo Sanchez (già finito nel mirino del governo israeliano nei giorni scorsi) ha toccato il nervo scoperto del conflitto di Gaza. In realtà ha affrontato il tema più generale su come riprendere l'iniziativa rispetto alla creazione di due stati per due popoli.
«Non ci può essere pace se non c'è la prospettiva di una soluzione politica, sia per gli israeliani che per i palestinesi», ha detto la presidente von der Leyen difendendo l'organizzazione di una conferenza internazionale, un'iniziativa promossa anch'essa dalla Spagna, per continuare a lavorare con tutte le parti per contenere la violenza nella regione e aprire la strada a una soluzione del conflitto. Ma quando si è parlato di violenza la massima rappresentante Ue non ha usato giri di parole e ha indicato come responsabili sicuramente Hamas (considerata organizzazione terroristica) ma anche, e forse soprattutto, quelli che ha chiamato coloni ebrei estremisti.
Questi ultimi sono il risultato della politica di insediamenti indiscriminati più volte condannata dalle Nazioni Unite che i recenti governi israeliani hanno man mano incoraggiato. Una situazione che riguarda la Cisgiordania ora popolata da numerose colonie che di fatto tagliano in due qualsiasi contiguità territoriale di un ipotetico stato palestinese. I coloni occupano di fatto illegalmente terre che non gli spettano, se non all'interno di un'ideologia integralista di estrema destra religiosa, attaccano gli agricoltori palestinesi e chiaramente da dopo il 7 ottobre hanno aumentato le loro azioni violente sentendosi legittimati e fomentati da personaggi come il responsabile della sicurezza interna Ben Gvir.
Il 28 novembre, l'organizzazione della Cisgiordania, Yesh Din, ha dichiarato che dal giorno del massacro perpetrato da Hamas sono stati registrati 225 episodi di violenza civile israeliana in 93 comunità palestinesi. Secondo gruppi di attivisti come B'tselem e Peace Now, così come l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari ( OCHA), questa ondata di attacchi ha portato centinaia di palestinesi delle comunità rurali vulnerabili, ad abbandonare le loro case e i loro villaggi.
Secondo il ministero della Salute dell'Autorità Palestinese, circa 200 palestinesi della Cisgiordania sono stati uccisi dalle forze israeliane e in alcuni casi da coloni. L'IDF ha dichiarato di essere a conoscenza solo di una manciata di casi di civili israeliani sotto inchiesta. A fronte di questa situazione, sulla falsariga di un provvedimento Usa che ha sanzionato i coloni con il divieto di viaggio, anche la Ue si prepara a varare alcune misure punitive. Von der Leyen ha affermato che «l'aumento della violenza da parte dei coloni estremisti sta infliggendo immense sofferenze ai palestinesi. Mina le prospettive di una pace duratura e potrebbe esacerbare ulteriormente l'instabilità regionale». «Sono favorevole a sanzionare coloro che sono coinvolti negli attacchi in Cisgiordania. Devono essere ritenuti responsabili. Questa violenza non ha nulla a che fare con la lotta contro Hamas e deve finire» ha quindi chiosato. I commenti di Von der Leyen arrivano dopo che il capo della politica estera dell'Unione europea, Josep Borrell, aveva già dichiarato lunedì che avrebbe presentato una proposta per sanzionare i coloni della Cisgiordania.
Borrel ha comunque dovuto riconoscere che tuttavia non c'è ancora unanimità tra i 27 governi dell'UE sulla questione, la quale passerebbe solo con un voto all'unanimità. D'altro canto la UE non è ancora riuscita ad avere una posizione unitaria sulla violenza che sta sconvolgendo il Medio Oriente.