D'ora in poi le donne umbre che chiederanno di utilizzare l’aborto farmacologico, dovranno obbligatoriamente essere ricoverate per tre giorni in ospedale. La presidente della Regione, la leghista Donatella Tesei, ha infatti abrogato la legge regionale che permetteva l'assunzione del farmaco in day hospital e poi a domicilio. Questo, nonostante la Società italiana di ginecologia e ostetriticia abbia chiesto di favorire il ricorso all’aborto farmacologico per tutelare la salute ed evitare di congestionare gli ospedali, soprattutto in periodo di pantemia come quello appena trascorso. In seguito alle polemiche provocate dalla scelta, la governatrice Tesei si è difesa spiegando: «Io difendo le donne: per l’aborto farmacologico ci vogliono tre giorni di ricovero. Io mi limito ad applicare le linee guida del ministero della Sanità». E ancora, «Le donne sono libere di scegliere, ma in sicurezza. Ma credo sia naturale voler difendere la vita. L’aborto farmacologico è una cosa delicata. Seguo le linee guida del ministero. Se dovessero cambiare, mi adeguerò». Quanto alla possibilità di esporre, con il ricovero, le donne al contagio da coronavirus, «l’Umbria è ormai una regione quasi Covid free», sottolinea.
Le reazioni
L'iniziativa della giunta di centrodestra umbra ha fatto insorgere le opposizioni e le associazioni locali. «Risulta difficile comprendere i motivi di questo gravissimo ritorno indietro, che mette in pericolo il diritto alla salute e all’autodeterminazione delle donne - dichiarano Filomena Gallo e Mirella Parachini (Associazione Luca Coscioni) e Anna Pompili (Amica) - Se i membri del Consiglio regionale umbro sono a conoscenza di dati scientifici nuovi, sarebbero tenuti, a tutela della salute pubblica nazionale e internazionale, a renderli pubblici, al fine di rivalutare la sicurezza della procedura. Altrimenti, proprio alla luce dei dati di letteratura scientifica, che rendono possibile l’Ivg farmacologica, dovrebbero muoversi in direzione totalmente opposta, ammettendo, oltre al ricovero in Day Hospital, anche il regime ambulatoriale come avviene in molti paesi oramai da anni». «Ospedalizzazione forzata per le donne che devono abortire. Ecco la "pillola" di Pillon che riporta l’Umbria al medioevo, avvallata dalla presidente Tesei. Calpestato il diritto di scelta della donna. La libertà di scegliere della propria vita e di come questa deve realizzarsi nel futuro. Calpestati i diritti della persona per ingraziarsi il consenso di una lobby di elettori. Poi chi se ne frega se molte donne cadono nella tela dell’aborto clandestino, pericoloso e mortale, molto spesso operato dalle stesse persone che per facciata fanno i falsi moralisti. Dietro ogni aborto c’è una storia personale, sono storie terribili, di violenza e di condizioni ai limiti dell’umano. Oltre allo shock di dover rinunciare al parto ora si aggiunge anche il ricovero ospedaliero. Ma chi se ne frega. Meglio il consenso. E chi se ne frega se siamo in emergenza sanitaria, intasiamo gli ospedali e mettiamo a rischio il sistema, la pillola anti libertà è servita!». Così, in un post su Facebook, la senatrice umbra del Movimento 5 Stelle Emma Pavanelli. Sulla questione è intervenuto anche il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi: «Donatella Tesei, governatrice leghista dell’Umbria alla guida di una coalizione di destra, ha appena fatto approvare una delibera con cui ha cancellato la possibilità di aborto farmacologico in Day hospital e a domicilio, abrogando una norma del centrosinistra e costringendo così le donne all’ospedalizzazione forzata - sottolinea Rossi - In Toscana fummo i primi in Italia a introdurre l’aborto farmacologico, acquistando la pillola all’estero perché in Italia non era ancora stata commercializzata. Dispiace che l’Umbria, una regione così a noi vicina e per tanti aspetti simile, a causa della vittoria leghista alle regionali, sia stata costretta a tornare così pesantemente indietro».