Tecnicamente è una “grazia preventiva”. Nei fatti si tratta di uno “scudo” anti Trump concesso last minute da Joe Biden ai “nemici” del tycoon, poche ore prima di cedergli il passo alla Casa Bianca.

Lo scopo è tutelarli da eventuali “rappresaglie”, ovvero da «procedimenti giudiziari ingiustificati e politicamente motivati» che secondo l’amministrazione dem potrebbero colpire gli avversari del nuovo presidente degli Stati Uniti. Che in campagna elettorale aveva esplicitamente minacciato l’azione penale contro i suoi detrattori, repubblicani compresi.

Tra i personaggi di spicco graziati oggi, nel giorno dell’insediamento di Trump, ci sono l’ex capo di Stato maggiore Mark Milley e i membri della commissione del Congresso che ha indagato sull’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, tra cui la repubblicana Liz Cheney. Ma soprattutto c’è Anthony Fauci, virologo di fama ed ex consigliere presidenziale, responsabile del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, diventato bersaglio della destra No vax durante la pandemia da Covid.

«La nostra nazione si affida ogni giorno a funzionari pubblici altruisti, che sono la linfa della nostra democrazia. Ma in modo allarmante, essi sono oggetto di minacce e intimidazioni per aver svolto in modo fedele il proprio dovere», ha spiegato Biden nella dichiarazione che accompagna il suo ultimo atto. «In alcuni casi sono stati minacciati di incriminazioni penali», ha aggiunto il presidente uscente. Ma «le misure di grazia - ha precisato - non devono essere erroneamente intese come un riconoscimento di comportamenti sbagliati né come un’ammissione di colpa».

Si tratta infatti di personaggi né indagati né formalmente incriminati, ma evidentemente “esposti”. Come lo sono gli stessi familiari di Biden, il quale lo scorso dicembre ha concesso una grazia «piena e incondizionata» a suo figlio Hunter, che rischiava fino a 25 anni di prigione per due distinti procedimenti giudiziari.

«Nessun altro presidente ha impiegato la clemenza esecutiva in modo così ampio e palese per ostacolare un successore che ritiene possa abusare del suo potere», osserva il New York Times. E difatti Biden ha stabilito il record presidenziale per il maggior numero di grazie e commutazioni della pena emessi. Quello che viene definito il più grande atto di clemenza della storia moderna degli Stati Uniti, che ha incluso, con la grazia postuma concessa domenica scorsa, anche attivisti neri per i diritti civili.

Tra loro Marcus Garvey, che influenzò Malcolm X e venne condannato per frode postale negli anni ‘20, Ravi Ragbir, attivista per i diritti dei migranti, e Kemba Smith Pradia, avvocata e sostenitrice della riforma della giustizia penale. «L’America è un paese costruito sulla promessa di seconde opportunità. Come presidente, ho usato il mio potere di clemenza per rendere quella promessa una realtà, concedendo più indulti e commutazioni di pena di qualsiasi altro presidente nella storia degli Usa», ha sottolineato Biden nel suo atto di ieri, spiegando che le persone graziate hanno contribuito al miglioramento delle proprie comunità di appartenenza.

Come Garvey, il giamaicano che Martin Luther King descrisse come «il primo uomo di colore nella storia degli Stati Uniti a condurre e sviluppare un movimento di massa», la cui condanna è considerata politicamente motivata.

Riabilitazione e attivismo contraddistingue anche la storia di Smith Pradia, condannata per un reato di droga nel 1994 a 24 anni di carcere. Il presidente Bill Clinton commutò la sua pena nel 2000. E dopo il suo rilascio, la legale ha dato vita a una fondazione impegnata su questioni razziali e di genere, lavorando insieme ad organizzazioni che si occupano di diritti civili e giustizia penale.