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«Non esiste un caso Lombardia». Ad affermarlo uno studio eseguito da undici studiosi italiani, appena accettato dal prestigioso Lancet Public Health, secondo il quale l’andamento della mortalità nei primi 30 giorni dell’epidemia in Lombardia è stato «nettamente inferiore (circa la metà) rispetto a quanto osservato a New York e a Madrid». Lo studio analizza la diffusione dell'epidemia in sei ambiti metropolitani con simili caratteristiche demografiche, di movimenti di persone e di attività commerciali: l'ambito metropolitano di New York, la Regione Il-de-France (Parigi), la Greater London, Bruxelles-Capital, la Comunidad autonoma di Madrid e la Regione Lombardia. «I tassi cumulativi di mortalità più alti a 30 giorni dall'inizio dell'epidemia sono stati registrati a New York (81,2 x 100.000) e Madrid (77,1 x 100.000) mentre la Regione Lombardia (41,4 per 100.000) è sotto la media ed è l'unico caso in cui il capoluogo (Milano) non è stato fin qui investito, in modo rilevante, dall'onda epidemica - si legge nel documento -. Lo studio ne analizza le ragioni attraverso le misure di contenimento adottate e il ruolo positivo rivestito dalla rete di assistenza ospedaliera». Le grandi epidemie con trasmissione per via aerea, spiegano gli studiosi, «tendono a diffondersi lungo le vie commerciali e a manifestare i più drammatici effetti in termini di contagi, incidenza e mortalità nei grandi centri urbani». Così come accaduto con la peste nera, dunque, anche con la pandemia da Covid-19 la storia si è ripetuta, portando, al 14 aprile, al superamento di 2 milioni di casi notificati - «dato largamente sottostimato rispetto a quello reale» e 120.000 decessi accertati, la maggior parte dei quali nelle grandi aree metropolitane del mondo. Ed è per questo motivo, dunque, che gli effetti maggiori della diffusione del virus si sono visti attorno alle grande città industrializzate: Londra, Parigi, New York, Madrid, Bruxelles, Milano e altri. «Realtà con caratteristiche simili e consolidati interscambi commerciali con la Cina, paese da dove il virus si è diffuso tra la fine dell'anno 2019 e il gennaio del 2020», scrivono gli studiosi. Che individuano negli ospedali, oltre che «un potente mezzo per salvare vite umane», anche «un potenziale moltiplicatore di infezioni, come avvenuto nel caso della Sars e, almeno all'inizio, anche per l'epidemia di Covid-19: i contagi di pazienti e personale sanitario negli ospedali di Codogno e Casalpusterlengo - primi luoghi dove è stata accertata la presenza di casi autoctoni italiani - sono una testimonianza di come Covid-19 abbia i connotati di un'infezione ad alta capacità diffusiva in ambienti sanitari (ospedali) e parasanitari (Rsa e case di riposo) dove sono peraltro presenti soggetti fragili a più alto rischio (anziani e malati cronici)». In Lombardia, il tasso di mortalità - ovvero il numero di morti rapportati alla popolazione dell’area studiata - mostra come, «al di là del numero assoluto più alto e dello sfalsamento temporale, il trend della Lombardia sia notevolmente inferiore alle tre aree a più alta mortalità (New York, Madrid e Bruxelles) ed in linea con Parigi e Londra, anche se qui le aree di riferimento hanno una superficie inferiore». Questo nonostante sia stata investita prima dall'epidemia. Un dato ascrivibile, secondo gli autori dello studio, «al mancato interessamento dell'area metropolitana di Milano». Area in cui, infatti, «gli ospedali non hanno hanno svolto la funzione di moltiplicatore di casi come invece avvenuto altrove in realtà ospedaliere di piccole dimensioni e a bassa densità di cura (ospedali di Lodi e Codogno)». Se si fosse considerata la sola provincia metropolitana di Milano (3,2 milioni di abitanti) «il dato di mortalità sarebbe stato inferiore del 50% circa mentre se fosse stata considerata un'area vasta comprendente le province limitrofe a Milano (5,5 milioni) il dato di mortalità sarebbe stato sovrapponibile a quello regionale». Nonostante, dunque, la Regione Lombardia sia stata la prima area occidentale ad essere interessata dall'epidemia e quindi potenzialmente meno preparata, «ha mostrato dati complessivi di mortalità alti in termini di casi (oltre 10.000), ma inferiori, in proporzione alla popolazione residente, a tre delle sei altre regioni metropolitane considerate e con un tasso di mortalità cumulativa al 30° giorno inferiore di circa il 50% rispetto a New York e alla Comunidad autonoma di Madrid. A tale dato positivo può avere contribuito, come già detto, il fatto che l'epidemia non ha investito il capoluogo metropolitano di Milano ma solo alcune città minori limitrofe tra cui Bergamo, provincia con oltre 1 milione di abitanti. Due possono essere stati i fattori che hanno contribuito positivamente a "difendere" l'area metropolitana a più alta concentrazione di popolazione e con i maggiori interscambi commerciali: da un lato l'efficacia e la tempestività dei provvedimenti di contenimento e mitigazione delle autorità pubbliche che hanno ridotto gli assembramenti e quindi il rischio di contagio tra persone; dall'altro l'efficacia e la sicurezza delle cure erogate dalle strutture ospedaliere che hanno ricoverato i pazienti Covid-19 - conclude lo studio -, giacché in tutto il mondo gli ambiti sanitari sono stati i maggiori propulsori di questa epidemia. Un'ulteriore notazione riguarda l'incremento generalizzato, in breve tempo, di posti letto anche di terapia intensiva verificatasi in tutte le aree considerate, e che ha consentito di far fronte all'emergenza; spicca il fatto che la Lombardia (come la Regione autonoma di Madrid e a Il-de-France) ha più che raddoppiato sia il posti letto ordinari che quelli di terapia intensiva. E che infine le due realtà con sistemi sanitari a base pubblica (Italia e Regno Unito) abbiamo da un lato avuto tassi di mortalità sotto la media, intrapreso accordi formali e riportati nei rapporti ufficiali con la componente ospedaliera privatistica che risulta aver quindi dato un apporto importante alla gestione dell'emergenza». In conclusione, affermano gli studiosi, «non esiste un caso "Lombardia" quanto ad eccesso di mortalità e che il rapido adeguamento della rete di offerta ospedaliera ha saputo far fronte a una rilevante onda epidemica riuscendo fino ad oggi a limitarne la diffusione nell'area a più alta densità abitativa».