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Puntuale come gli orologi e i treni svizzeri, anche con la neve e il gelo, beati loro, è arrivato a conclusione della campagna elettorale il botto anti-Renzi del solito Fatto Quotidiano dell’altrettanto solito Marco Travaglio. Che ha sparato in apertura della sua prima pagina una notizia sull’” Insider Renzi- CdB”, cioè Carlo De Benedetti: un nome troppo lungo per essere contenuto nel titolo.
Qual è la notizia? Che il gip, cioè il giudice per le indagini preliminari nel tribunale di Roma titolare del fascicolo “non archivia e fa nuove indagini”. “Altri accertamenti sulla speculazione di De Benedetti”, ha annunciato il giornale di casa, diciamo così, negli uffici giudiziari ricordando, sempre nel titolo, il guadagno di 600 mila euro realizzato nel 2015 dall’allora editore di Repubblica con l’investimento di cinque milioni, sempre di euro, su sei banche popolari disposto al suo broker quattro giorni prima che il governo disponesse la riforma di quegli istituti di credito con un decreto legge. Le “nuove indagini” del Fatto sono una richiesta di archiviazione
Le “nuove indagini” annunciate dal Fatto Quotidiano nel contesto di un titolo che porta a sospettare ch’esse riguardino il segretario del Pd, presidente del Consiglio all’epoca dei fatti, e il suo amico finanziere, che spesso faceva colazione con lui a Palazzo Chigi, in realtà non investono né l’uno né l’altro, come spiega l’articolo richiamato in prima pagina ma leggibile solo all’interno, se si ha il tempo e la voglia di arrivarvi.
Il gip, peraltro di un nome altisonante e felice come Gaspare Sturzo, parente del compianto e famosissimo sacerdote siciliano antifascista e fondatore del Partito Popolare, destinato a diventare Democrazia Cristiana, ha solo convocato per i prossimi giorni in una camera di consiglio riservata il broker di De Benedetti, Gianluca Bolengo, unico indagato per la vicenda arrivata alla Procura di Roma dalla Consob tre anni fa, e il pubblico ministero Stefano Pesci. Che nel mese di giugno del 2016, cioè quasi due anni fa, chiese l’archiviazione della sua inchiesta, peraltro svoltasi per il reato non di “insider trading”, cioè di speculazione finanziaria condotta grazie all’uso di notizie riservate e indebite, come indurrebbe a ritenere il titolo del quotidiano di Travaglio, ma più semplicemente di ostacolo alla vigilanza. Una cosa del genere in un titolo di prima pagina non avrebbe fatto l’impressione dell’altra. Sentiti il broker e il pubblico ministero, nel frattempo entrato per motivi di competenza territoriale nel mirino della Procura di Perugia per un esposto presentato a suo carico dal grillino Elio Lannutti, il giudice delle indagini preliminari potrà finalmente decidere se concedere l’archiviazione o negarla e disporre, questa volta sì, nuove indagini. E magari disporne al pubblico ministero anche a carico di Renzi e di Carlo De Benedetti, sospettati per ora solo dal Fatto Quotidiano di essere stati, rispettivamente, il non casuale fornitore delle preziose anticipazioni sull’intervento del governo per la riforma delle banche popolari e il finanziere interessato a specularvi sopra. Tanto interessato, però, quanto sprovveduto avendo fatto investire dal suo broker solo cinque milioni di euro, contro il giro complessivo di 600 milioni manovrati in borsa e gli abituali pacchetti di venti milioni disposti sui titoli bancari.
Altro che 600 mila euro di guadagno. Almeno quattro volte tanto, cioè quasi due milioni e mezzo di euro, avrebbe potuto o dovuto guadagnare, stando alle sue abitudini, l’allora editore di Repubblica se avesse voluto approfittare davvero delle notizie apprese da Renzi sulla riforma delle banche popolari, secondo il suo racconto alla Consob, sulla porta dell’ascensore di Palazzo Chigi. Dove il presidente del Consiglio l’aveva accompagnato personalmente dopo la solita colazione di prima mattina. E alla presenza, peraltro, del commesso di servizio.
A parte tutte queste osservazioni, servite presumibilmente al pubblico ministero Pesci per chiedere l’archiviazione e alla Consob per chiudere il caso, sulla natura e sul contenuto dello scoop del Fatto Quotidiano ci sarebbe da porsi una domanda tutta giornalistica. Ma di un giornalismo elementare, da approccio al nostro mestiere.
Mi chiedo, in particolare, se la notizia stia più nella presunta, assai presunta conduzione di “nuove indagini” da parte del gip, che si è solo limitato a convocare indagato e pubblico ministero, o nel tempo – quasi due anni - che il giudice ha impiegato per prendere questa decisione.
E un po’ come tornare a chiedersi se fa più notizia il cane che morde l’uomo o l’uomo che morde il cane. Beh, quei quasi due anni che sono stati necessari - forse per validissime ragioni, per carità - ad un giudice per convocare la sua camera di consiglio riservata assomigliano un po’ all’uomo che morde il cane. Questa, sì, che è la notizia. Una notizia non dico inquietante, come pure verrebbe voglia di pensare di primo acchito, ma assai sfortunata, essendo arrivata o essendo stata diffusa in coincidenza con le ultime battute di una campagna elettorale. E che campagna elettorale.