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Un'altra crisi internazionale per Barack Obama, altri cattivi rapporti con un presidente straniero, di un Paese alleato. Dopo Putin ed Erdogan, per dirne due cui si potrebbero aggiungere Netanyahu o persino la spiata Merkel dei tempi dell'Nsagate, è il turno del neopresidente delle Filippine Rodrigo Duterte, che ci ha messo molto del suo. Il casus belli è il modo spregiudicato e violento con cui il governo di Manila sta portando avanti una lotta senza quartiere al traffico di droga da quando a giugno Duterte è stato eletto. Nell'arcipelago asiatico si contano migliaia di morti (si stima ventimila) nel conflitto tra forze dell'ordine e signori della droga. Le regole di ingaggio nei conflitti a fuoco sono chiare: nessuno scrupolo. Il presidente Duterte parla espressamente di esecuzioni extragiudiziali e le rivendica come un successo, garantendo che continueranno. Su queste "procedure" gli Stati Uniti hanno elevato dubbi e critiche, suscitando l'ira di Manila. Duterte e Obama dovevano avere un incontro bilaterale in questi giorni durante il summit asiatico in Laos (per inciso Obama è il primo presidente statunitense a visitare questo Paese guidato ancora da un partito unico comunista erede delle guerre del sudest asiatico). Ma l'incontro è stato annullato dopo che Duterte ne aveva parlato a modo suo in una intervista a una tv del suo Paese. Con manifesta rabbia, Duterte aveva affermato che gli Stati Uniti non hanno il diritto di mettere in discussione le modalità con cui viene condotta la guerra al traffico di droga nel Paese, e aveva ribadito che l'attuale offensiva contro il crimine organizzato porterà a molte altre uccisioni. "Le Filippine non sono uno Stato vassallo. Abbiamo cessato da tempo di essere una colonia degli Stati Uniti", aveva detto Duterte, che poi aveva completato rivolgendo a Obama un insulto esplicito in riferimento al mestiere della madre, insulto che il presidente filippino ama usare spesso: "Son of a bitch I will swear at you" ("Figlio di p... te la farò pagare"), la frase riportata dalle agenzie di stampa. Obama ha annullato il meeting bilaterale: "Quando ho in programma una riunione", ha spiegato, "desidero essere certo che sia produttiva". A poco sono servite le mezze scuse che senza troppa convinzione sono partite da Manila. "Il presidente Duterte ha spiegato che alcune dichiarazioni apparse sulla stampa secondo cui il presidente Obama sarebbe stato intenzionato a tenergli una lezione morale sulle esecuzioni sommarie l'avevano spinto a repliche velenose che hanno suscitato, a loro volta, molte inquietudini" ha detto Martin Andanar, portavoce della presidenza filippina. "Il presidente esprime il suo rammarico per il fatto che le sue dichiarazioni abbiano scatenato una tale controversia". Un "pentimento" che potrebbe non essere sufficiente a normalizzare le relazioni, soprattutto quelle personali di un presidente che nel recente passato non le ha mandate a dire neanche a Papa Francesco né al segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon.