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L’Iran ha eseguito stamattina la condanna a morte per impiccagione dell’ex capo dell’opposizione, Ruhollah Zam, che aveva vissuto in esilio in Francia e aveva partecipato a manifestazioni contro il potere iraniano. Lo ha annunciato la televisione di Stato: il «controrivoluzionario» Zam è stato impiccato dopo la conferma della sentenza da parte della Corte suprema, a causa della «gravità dei reati» commessi contro la Repubblica islamica dell’Iran. «Giornalista e dissidente» secondo la definizione di Amnesty International, Zam era stato arrestato nel 2019 dai Guardiani della rivoluzione iraniana, in circostanze misteriose, dopo un periodo in cui si era rifugiato in Francia. Era accusato dal regime della Repubblica islamica di avere fomentato le violenze in occasione delle proteste antigovernative fra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, durante le quali rimasero uccise almeno 25 persone. In particolare, ha avuto un ruolo attivo nella contestazione di tre anni fa tramite il canale Amadnews, diffuso attraverso la piattaforma Telegram e seguito da 1,4 milioni di follower. Secondo Teheran, mentre si trovava in Francia, dove aveva ottenuto l’asilo politico, Zam era sostenuto dai servizi segreti di Parigi, ma anche di Stati Uniti e Israele. Durante la successiva detenzione in Iran, il giornalista aveva ammesso di aver creduto nelle proteste, negando però di avere mai incitato alla violenza; la condanna, confermata nei giorni scorsi dalla Corte suprema, era stata emessa lo scorso giugno. Amnesty International era intervenuta nei giorni scorsi, definendo la decisione di confermare la condanna a morte di Zam una «scioccante escalation del ricorso dell’Iran alla pena di morte come arma di repressione»: prima che fosse eseguita, l’Ong, molto attiva con petizioni e proteste contro le detenzioni arbitrarie e la pena di morte contro i manifestanti in Iran, aveva anche lanciato un appello all’Ue perchè intervenisse rapidamente presso l’ayatollah Khamenei per annullare la condanna del giornalista: non ce n’è stato il tempo.