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Il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, «un morto che cammina», come Giovanni Falcone. Sono alcuni dettagli emersi dagli atti dell’operazione “Malapianta”, eseguita dalla guardia di finanza di Crotone - in collaborazione con gli altri reparti delle fiamme gialle calabresi e lo Scico - che ha portato in carcere 35 persone con l’accusa di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, estorsione, usura, porto e detenzione illegale di armi, intestazione fittizia di beni, reati tutti aggravati dalle modalità mafiose. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati beni per milioni di euro. I provvedimenti, disposti dalla Direzione distrettuale antimafia, «hanno smantellato una potentissima “locale di ’ndrangheta”». Ma hanno anche svelato l’odio profondo della cosca nei confronti del magistrato antimafia, che viene «esplicitamente menzionato in diverse registrazioni, indicato come l’artefice di una minacciosa azione giudiziaria e come colui il quale trattava, in prima persona, la gestione dei collaboratori di giustizia». Dalle intercettazioni emerge dunque la preoccupazione degli indagati per il lavoro della magistratura e il magistrato, in una conversazione fra esponenti del clan Mannolo, viene apostrofato con parole ingiuriose («questo è un figlio di puttana»). Un’intercettazione che risale al 23 gennaio 2018: a parlare sono Remo Mannolo, figlio del boss Alfonso, e Franco Falcone, in compagnia di una terza persona non indagata ed un’altra non identificata. Nel corso del colloquio, i presenti associavano la figura del procuratore a quella di Giovanni Falcone, definendolo «morto che cammina», ossia, spiegano gli inquirenti, un uomo consapevole dei pericoli insiti nella sua attività. «Si tratta - secondo gli investigatori - di considerazioni che non attenevano ad alcun concreto progetto omicidiario. Dalla disamina delle stesse emergeva più una timorosa reverenza». Gratteri avrebbe dunque «superato il limite». Una frase criptica, secondo, gli inquirenti, «ma carica di significato». Tanto che gli intercettati parlano anche del luogo di residenza del magistrato. «Ma questo dove abita...? A Catanzaro?», afferma uno di loro, «ma questo ha tutti posti segreti», risponde un altro interlocutore, fino a chiosare «vabbè, volendo lo scoprono!». S. M.