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L’inferno di San Ferdinando continua a bruciare e a fare vittime. L’ultima, Noumo Sylla, 32 anni, arrivava dal Senegal e tra le baracche della Piana di Gioia Tauro ci viveva da quando, pochi metri più in là, la vecchia baraccopoli, asfittica e mortale, era stata sventrata dalle ruspe inviate dal ministro dell’Interno Matteo Salvini e sgomberata da 200 uomini in divisa. Lo scopo era evitare che altri migranti rimanessero intrappolati nelle proprie prigioni fatte di lamiere, ingoiate dalle fiamme. E invece passare «dalle parole ai fatti» non ha cambiato nulla. Almeno non ieri mattina, quando il rogo, divampato probabilmente per un corto circuito e poi alimentato da vestiti e altri materiali infiammabili all’interno della tenda, ha strappato la vita del giovane.
Il telone azzurro con la scritta “Ministero dell’Interno” in cui si trovava Sylla era stato realizzato con materiale ignifugo. Un’accortezza che consente di ritardare lo svilupparsi dell’incendio, ma che comunque non è servita a salvare il 32enne. Il procuratore di Palmi, Ottavio Sferlazza, ha aperto un’indagine per capire le cause che hanno portato al rogo e perché il giovane non sia riuscito ad uscire dalla tenda prima che fosse troppo tardi. «Sono qui - ha detto ai giornalisti - per rendermi conto di persona di quanto è accaduto. Non escludiamo alcuna ipotesi. Ci sarà una perizia tecnica e visioneremo anche le telecamere della videosorveglianza per acquisire elementi utili». Intanto il prefetto di Reggio Calabria, Michele Di Bari ha annunciato la tanta attesa «installazione dei moduli abitativi, alcuni già disponibili e altri che metterà la Regione Calabria, che verranno distribuiti in dieci comuni del territorio». Si tratta di strutture da otto posti, dotate di bagno e cucina, 30 delle quali già messe a disposizione dal ministero dell’Interno.
Il ministro Salvini si è detto «addolorato» per la morte del giovane, aggiungendo però che «se fosse successo nella baraccopoli abusiva il bilancio poteva essere ben più pesante». «Teniamo alta l’attenzione - ha aggiunto al comune di San Ferdinando abbiamo appena riconosciuto 350 mila euro per gestire la situazione post- sgombero. L’auspicio è incrementare sempre di più controlli, legalità e assistenza per evitare sfruttamento, degrado e tragedie». Il corpo di Sylla è stato portato in obitorio, scortato per un breve tratto di strada dai compagni di tendopoli, che, in silenzio, hanno seguito il carro funebre appoggiando una mano, in segno di saluto, sulla carrozzeria. «Un altro morto nei lager di Stato», commenta il Comitato lavoratori delle campagne. Che ha denunciato il mancato funzionamento del sistema elettrico sin dal giorno dello sgombero. «La baraccopoli era un luogo difficile, questa nuova tendopoli lo è altrettanto - ha raccontato uno dei migranti in collegamento con Radio Onda Rossa Avevamo comunicato al Comune e alla prefettura del malfunzionamento del sistema elettrico, del fatto che non ci fosse acqua calda, né bombole del gas per cucinare. I tecnici del Comune sono venuti alla tendopoli per aggiustare l’impianto e oggi ( ieri, ndr) è scoppiato l’incendio. Perché non cercano un’altra soluzione? Ci chiediamo se un giorno avremo diritto ad una casa e ad essere umani, ad essere trattati come persone. Vogliamo capire qual è la differenza tra la vecchia tendopoli e quella nuova. Moriamo uno ad uno, mentre ci dicono che è tutto a posto».