PHOTO
Dopo 482 giorni, altri otto degli ostaggi israeliani catturati da Hamas e Jihad Islamica il 7 ottobre del 2023 sono tornati liberi. Si tratta della soldatessa Agam Berger, l’israelo-tedesca Arbel Yehoud, l’80enne Gadi Moses e i cinque lavoratori thailandesi Thenna Pongsak, Sathian Suwannakham, Sriaoun Watchara, Seathao Bannawat e Rumnao Surasak. Un’operazione divisa in due luoghi e momenti diversi, che ha coinvolto sia Hamas sia per la prima volta la Jihad Islamica, nelle cui mani sono rimasti per oltre 15 mesi sette degli ostaggi.
La prima a uscire a uscire dalle macerie e a rivedere la luce, scortata da miliziani armati, è stata la 20enne Berger, che è stata consegnata da Hamas ai funzionari della Croce Rossa Internazionale con una “cerimonia” a Jabaliya, nel nord di Gaza, identica a quella della scorsa settimana durante la quale sono state liberate altre quattro soldatesse. La giovane, tesa in volto e vestita con una tuta militare, è stata fatta salire su un palco e salutare con la mano i presenti, mentre un miliziano riprendeva con la telecamera e le indicava cosa fare.
Anche i rappresentanti della Cri sono saliti sul palco per firmare i documenti della sua liberazione. Agam è quindi stata trasferita alle forze armate israeliane che l’hanno portata a riabbracciare i genitori e quindi in ospedale in Israele per i controlli medici. Lì, ad attenderla, Liri Elbag, Naama Levy, Karina Aliyev e Daniella Gilboa, le quattro soldatesse con le quali era stata rapita il 7 ottobre dalla base di Nahal Oz dove era arrivata solo due giorni prima per prestare servizio come osservatrice.
Caos invece a Khan Younis, nel sud di Gaza, dove la Jihad Islamica ha organizzato la consegna dei rapiti in suo possesso nei pressi delle macerie della casa del leader di Hamas nella Striscia, Yahya Sinwar, ucciso dall’Idf lo scorso ottobre. Una folla si è radunata sul posto, urlando e spingendo, per assistere alla liberazione, tanto che l’auto che portava gli ostaggi faceva fatica ad avanzare, tra il cordone di miliziani armati. Le immagini rilanciate dalla televisione al Jazeera hanno mostrato la 29enne Arbel Yehoud mentre terrorizzata camminava circondata da uomini armati che la scortavano e faticavano a farsi largo nella calca per consegnarla alla Croce Rossa, tra una marea di gente che premeva e gridava.
Identica situazione per l’80enne Gadi Moses e gli altri rapiti. «Scene scioccanti», ha denunciato il premier israeliano Benjamin Netanyahu che ha chiesto «ai mediatori di garantire che scene così orribili non si ripetano più e di garantire la sicurezza dei nostri ostaggi». La stessa richiesta è arrivata dal Forum dei familiari degli ostaggi che ha condannato la «crudeltà e il disprezzo per la dignità umana» mostrato. «In questi momenti critici, ogni sforzo deve essere fatto per garantire la loro protezione e l’immediata riunificazione con i loro cari», ha aggiunto l’organizzazione in una nota. Per protesta Netanyahu, insieme al ministro della Difesa Israel Katz, ha deciso di rinviare la prevista scarcerazione di 110 detenuti palestinesi «fino a quando non sarà garantito il rilascio sicuro dei nostri ostaggi nei prossimi round». Immediata la risposta di Hamas che ha chiesto l’intervento dei mediatori per far riprendere il processo.
In base all’accordo, in cambio dei tre ostaggi israeliani, era prevista la liberazione di 110 prigionieri di sicurezza palestinesi, tra cui 32 che stanno scontando l’ergastolo e 48 che hanno lunghe condanne. Tra questi ci sono Zakaria Zubeidi, un leader delle Brigate Al-Aqsa di Fatah a Jenin, coinvolto in diversi attacchi mortali, e Mohammad Abu Warda, esponente di Hamas coinvolto in una serie di attentati nel 1996 che causarono la morte di 45 israeliani. Nella lista anche Iyad Jaradat, un membro della Jihad islamica responsabile dell’attentato al ristorante Maxim del 2003 ad Haifa, in cui morirono 21 persone, e Mohammad Amudi, anche lui della Jihad islamica, mente dell’attentato suicida del 2006 in un negozio a Tel Aviv in cui morirono 11 persone. Quando saranno rilasciati, i detenuti saranno deportati in Cisgiordania, in Egitto o nella Striscia di Gaza. Incerto il destino di Zubeidi cui, secondo la stampa, potrebbe non essere permesso fare ritorno a Jenin.
Nella Piazza degli ostaggi a Tel Aviv, la gente si è riunita per seguire la liberazione dei rapiti, ed è arrivato anche Steve Witkoff, l’inviato del presidente Usa Donald Trump in Medio Oriente, dopo aver fatto visita in ospedale alle quattro soldatesse scarcerate la settimana scorsa. «È un grande giorno per lo Stato di Israele», ha commentato, annunciando per «domani» il rilascio di un ostaggio americano. Non è chiaro di chi stesse parlando e se intendesse invece sabato, quando è prevista la liberazione di altri tre rapiti, tutti uomini. In lizza ci sono Keith Siegel, Sagui Dekel-Chen ed Edan Alexander, che tuttavia non dovrebbe essere rilasciato nella prima fase.
Grande gioia anche in Thailandia alla notizia della liberazione dei cinque lavoratori. La premier Paetongtarn Shinawatra si è detta «felice» della notizia. Il 7 ottobre 2023 almeno in 39 agricoltori thailandesi sono stati uccisi mentre 31 sono stati catturati e portati via. Di questi, almeno due sono morti in prigionia mentre 23 sono stati rilasciati durante la prima tregua. Dell’ultimo thailandese non si conoscono le condizioni. L’ambasciatrice Pannabha Chandraramya ha incontrato il presidente israeliano Isaac Herzog e ha celebrato «la buona notizia per me e il mio Paese», «ringraziando lo Stato ebraico per gli sforzi fatti per liberarli».