PHOTO
Il presidente del consiglio ha contrattaccato in grande stile in Parlamento alle accuse delle opposizioni in materia di riforma del MES ( Il ‘ Meccanismo europeo di stabilità’). Giuseppe Conte ha parlato abbastanza chiaramente, ’ Salvini non studia i dossier’, ha detto; ’ Tutto era noto ai ministri del precedente governo’, ha chiosato. Gli economisti intanto chiariscono le cose. E svelano luci ed ombre di questa riforma, di come si è giunti a questo punto.
Non è del tutto preciso che la riforma del Meccanismo europeo di stabilità, o ‘ Fondo salva- stati’ sia ‘ minimalista’ come la descrivono al MEF. il Ministero dell’economia.
Paolo Guerrieri è uno stimato economista. E’ nettamente favorevole all’euro. Chiarisce: ‘ Ora un paese che intenda ricorrere a forme rafforzate di aiuto al MES deve passare per un giudizio di ‘ sostenibilità’ del suo debito’. Fin qui nulla di nuovo, di fatto. ‘ La novità sta nel fatto che tale giudizio non è espresso dalla sola Commissione europea ma anche dal MES stesso’. E attenzione, continua: ‘ In caso di contrasto fra le analisi della Commissione e quelle del Meccanismo europeo di stabilità, prevale quest’ultimo’.
E’ evidente che questo è un caso limite e che peraltro l’Italia conta moltissimo nel board del MES grazie alle risorse che ci ha messo, ma è pur vero che questa procedura è differente rispetto a quella precedente che appunto delegava alla sola Commissione e alla sua valutazione ‘ politica’, il giudizio sul debito pubblico. Ora entra nel processo pure il MES con le sue valutazioni ‘ tecniche’. Ma come si sa bene, in economia, le valutazioni cd tecniche sono sempre intrise di politica. In effetti, con la riforma del MES, il giudizio sul debito è duale: Commissione e MES e in caso di conflitto, prevale il MES. Questa è una novità non propriamente secondaria.
Nella riforma c’è pure la codificazione di un’altro percorso più ‘ semplificato’ di assistenza a quei paesi che si ritrovassero investiti da uno shock sostanzialmente esterno ma che sono storicamente in ordine rispetto ai parametri fiscali. Insomma le novità non mancano.
Paolo Guerrieri riprende il suo discorso. ‘ Il fatto è che siamo arrivati a questa riforma del MES e in genere al pacchetto della riforma dell’Unione economica e monetaria, ( MES, completamento dell’Unione bancaria, ‘ Fondo competitività’), con cambiamenti ‘ dispersi’ e di ‘ compromesso’.
‘ In partenza le proposte della Commissione erano più interessanti - ci dice l’economista - prevedevano un MES come istituzione ‘ comunitaria’ e non più intergovernativa, ed era coadiuvato da interventi incisivi come l’assicurazione europea contro la disoccupazione’. Ma per strada questo assetto riformatore è andato in parte perduto e siamo rimasti con la riforma del MES sempre in chiave intergovernativa e con pochissimi strumenti di ‘ stabilizzazione’ anti- ciclica.
Tutto questo però non è accaduto per caso. Paolo Guerrieri ci va giù duro: ‘ il fatto è che l’Italia ha negoziato questi accordi in una condizione difficilissima. La vogliamo ricordare?’. Di che si tratta? Il governo italiano che è negoziato queste intese è quello precedente, la coalizione ‘ giallo- verde’. Il governo, cioè, sotto durissimo schiaffo per il ‘ Cigno Nero’. Ricordate la dottrina di Paolo Savona secondo la quale bisognava trattare, sostanzialmente, con l’Unione Europea avendo pronto un ‘ piano B’ per l’uscita? Veniva definita dai suoi seguaci come espressione della teoria dei giochi. Insomma bisogna ‘ ricattare’ l’eurozona, ‘ o ci date quello che chiediamo, ovvero la possibilità di fare deficit senza regole oppure ce ne andiamo dall’euro’. La logica era che l’Italia era troppo ‘ grande’ per ‘ fallire’ e che quindi l’eurozona alla fine dovesse cedere alle ‘ richieste’ italiane. Il primo schema della legge di bilancio dell’anno scorso era in parte figlio di questa logica.
Si sa come è andata a finire. Il punto è che mentre il governo italiano era impegnato con una mano a cercare di negoziare nel modo più vantaggioso sul fronte della riforma dell’Unione economica e monetaria, con l’altra mano lo stesso governo creava condizioni difficilissime per spread e debito pubblico indebolendo la mano del negoziato. Ciò ha reso impervio quel processo di trattativa in sede europea: anche perchè gli avversari dell’Italia in questo ‘ gioco’ sono spesso stati i paesi teoricamente più vicini a noi, Spagna, Portogallo, Irlanda.
Le velleità del ‘ cigno nero’ ci hanno indebolito, il debito pubblico già di per sè rendeva difficile la nostra posizione, l’orientamento degli stessi paesi del Sud ci ha privato di alleati: morale, è già tanto quello che abbiamo evitato, ad esempio gli automatismi nella definizione della sostenibilità del debito. ‘ Ciò sarebbe stato molto pericoloso per l’Italia perchè gli investitori avrebbero facilmente individuato l’Italia come il paese target scatenando lo tsunami perfetto’ ci ha detto un ex presidente del consiglio che si intende moltissimo di queste faccende.
Comunque al di là del MES e dei suoi giudizi sulla sostenibilità del debito pubblico, chi veramente ha il potere di rendere un debito perfettamente sostenibile è il paese che lo emette. E’ il suo governo, è il suo Parlamento, sono le sue forze politiche e sociali a rendere sostenibile o no il relativo debito pubblico.
Un’altro economista molto stimato, Mario Baldassarri, è chiarissimo in merito nella conversazione settimanale a Radio radicale, ‘ Capire per conoscere’. ‘ La risposta migliore spetta al governo nazionale - ci dice - un debito pubblico è sostenibile in collegamento con il bilancio pubblico’. ‘ Se un paese presenta - conclude - un bilancio pubblico che va verso lo squilibrio e la crescita del debito, è responsabilità del governo nazionale’.
Il punto chiave è qui: alla fin fine, se un paese ha un bilancio pubblico che tende verso l’equilibrio con una base economica che migliora in termini di produttività e di competitività, allora il suo debito pubblico è sostenibile, MES o non MES. Se al contrario un paese X ha un bilancio pubblico che produce nuovo deficit per finanziare spesa corrente e grazie all’evasione fiscale, il tutto con una base economica poco competitiva, allora il suo debito pubblico rischia ad ogni curva, MES o non MES.