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Zelensky, presidente dell'Ucraina
Prima della fine della guerra in Ucraina, c’è il rischio che scoppi una guerra commerciale avviata questa volta da Donald Trump. Un duro scontro in cui potrebbero esserci molti sconfitti in Europa e oltreoceano. Il presidente Usa ha minacciato di imporre tariffe del 25% sulle importazioni dall’Unione Europea, affermando che quest’ultima è stata creata per “fregare gli Stati Uniti”.
Una presa di posizione che si muove nel solco delle provocazioni e che non aiuta a creare un clima costruttivo nella delicata fase dei possibili negoziati per la fine del conflitto in Ucraina. Sono due i canali che tiene aperti “The Donald” per giungere al cessate il fuoco: uno diretto con Putin e un altro con il presidente ucraino. Volodymyr Zelensky è atteso oggi a Washington per la firma dell’accordo con gli Stati Uniti sulle “terre rare”. Il disco verde alla sottoscrizione è arrivato dal governo di Kyiv. Per la parte ucraina l’accordo dovrebbe essere firmato dal ministro degli Esteri, Andriy Sybiga, o dalla ministra dell’Economia, Yulia Svyrydenko. Tutti i punti dell’intesa non sono ancora chiari anche se nei giorni scorsi sono stati rivelati alcuni punti. Zelensky ha precisato che «l’accordo è un documento iniziale che funge da cornice per accordi più ampi», spiegando che «ulteriori discussioni tra funzionari statunitensi e ucraini dovranno determinare la natura delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e le somme esatte di denaro in gioco nell’accordo».
Tra i punti principali del patto sulle “terre rare” vi è l’istituzione di un fondo al quale l’Ucraina contribuirà con il 50% dei proventi derivanti dalla “monetizzazione futura” delle risorse minerarie di proprietà statale, tra cui petrolio, gas e infrastrutture logistiche. Vengono esclusi i flussi di entrate che già vengono inseriti nel bilancio ucraino. Non sono mancate nei giorni scorsi tensioni tra Washington e Kyiv. La versione finale dell’accordo sulle “terre rare” non terrebbe più conto delle precedenti richieste degli Stati Uniti, vale a dire l’appropriazione delle risorse dell'Ucraina per un valore di 500 miliardi di dollari. In merito alle garanzie di sicurezza da parte degli Stati Uniti non ci sono riferimenti diretti nel documento. Il tema dovrebbe essere oggetto di negoziati futuri. Trump, inoltre, è stato chiaro su un punto: l’Ucraina non entrerà a far parte della Nato.
Sul versante russo Vladimir Putin è intervenuto ieri al consiglio direttivo dell’Fsb (i temuti servizi di sicurezza), cogliendo l’occasione per elogiare Donald Trump per il “pragmatismo” finalizzato a trovare una soluzione in Ucraina. Secondo il boss del Cremlino, i primi contatti con l’amministrazione Trump possono far sperare in un mondo che «sta cambiando rapidamente», considerato che c’è «una determinazione reciproca a lavorare per ripristinare le relazioni tra i due Stati, per risolvere gradualmente il colossale volume di problemi strategici sistemici accumulati nell’architettura mondiale». Non è mancata una dura accusa all’Occidente, che, a detta di Putin, è determinato a mantenere l’instabilità nel mondo: «Ci rendiamo conto che non tutti sono contenti della ripresa dei contatti tra Russia e Stati Uniti. Alcune élite occidentali sono ancora determinate a mantenere l’instabilità nel mondo. E queste forze cercheranno di interrompere o compromettere il dialogo che è iniziato». Sul futuro dell’Ucraina il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha ribadito che i territori occupati in Ucraina sono ormai una “parte indivisibile della Russia” e non entreranno nei negoziati di pace.
In riferimento ai rapporti Stati Uniti-Europa, si è svolto sempre nella giornata di ieri l’incontro tra Trump e il primo ministro britannico Keir Starmer, promotore, tra le altre cose, di un summit sul riarmo europeo in programma domenica a Londra. Al centro della discussione nella Casa Bianca le garanzie di sicurezza per l’Ucraina. Due giorni fa il Regno Unito ha deciso di aumentare la spesa per la difesa, portandola al 2,5% del prodotto interno lordo. Una scelta apprezzata dall’amministrazione statunitense nell’ottica di una imprescindibile collaborazione tra gli Stati Uniti e il Regno Unito. Per quanto riguarda gli scenari futuri in Ucraina, Londra ha confermato l’intenzione di inviare truppe in funzione di peacekeeping.