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President Donald Trump speaks to reporters before signing an executive order in the Oval Office of the White House in Washington, Monday, March 31, 2025. (Pool via AP)
«Questo è il momento come professione di parlare forte e chiaro, ricordando alle nostre comunità perché lo stato di diritto e il nostro sistema giudiziario sono vitali per la nostra democrazia. Oggi è il giorno in cui l’avvocatura organizzata si alza e parla». È quanto si legge nella nota diffusa dall’American Bar Association, emessa in risposta al Memorandum pubblicato dalla Casa Bianca su richiesta di Trump, finalizzato, nelle parole del presidente, a “prevenire gli abusi del sistema legale e della Corte Federale”.
La nota dell’Aba, vergata dal suo presidente William R. Bay, ribadisce i principi posti a fondamento della professione, primo fra tutti lo stato di diritto, e l’importanza della loro tutela, soprattutto nel momento in cui questi sono minacciati. «Siamo avvocati da ogni parte del nostro paese e del mondo», prosegue la nota, «indipendentemente dal nostro ambiente di pratica o specializzazione, dove viviamo o le nostre opinioni politiche, siamo vincolati da un giuramento comune che abbiamo preso al momento dell'ammissione alla pratica. Crediamo nello stato di diritto».
La dichiarazione raccoglie le numerose comunicazioni fatte dagli ordini forensi americani, in risposta alla lotta senza precedenti portata avanti da Trump, e dalla sua amministrazione, contro il sistema giudiziario nelle sue diverse componenti, le corti, i giudici e gli avvocati. «Che non ci siano dubbi. L'ABA e la professione indicheranno la via quando ne abbiamo più bisogno. Ora è il momento. Noi siamo con i nostri tribunali e la professione legale come un baluardo contro queste minacce. Devono fermarsi», conclude la nota.
In meno di due mesi dal suo insediamento Trump ha firmato ben cinque ordini esecutivi mirati a colpire cinque diversi studi legali, rei di aver portato avanti cause, civili e penali, contro di lui o d’aver rappresentato nel passato dei suoi avversari politici. Il presidente sembra non gradire il primo emendamento della Costituzione americana che attribuisce il diritto ai cittadini statunitensi di esprimere un eventuale disaccordo con il governo e, soprattutto, con il presidente.
Nella serata di venerdì Trump ha dato autorizzazione ai Dipartimenti di Giustizia e Sicurezza di comminare sanzioni agli studi legali i cui avvocati starebbero commettendo ‘abusi’ nell’esercizio della loro professione, come lavorare pro bono a cause legate all’immigrazione o alla discriminazione. Gli studi destinatari degli ordini esecutivi si sono visti revocare le necessarie autorizzazioni di sicurezza per lavorare con l’esecutivo, i contratti in essere con lo stesso sono stati risolti e i loro dipendenti sono stati interdetti o hanno subito limitazioni all’ingresso negli uffici federali.
Sanzioni che sono state sospese dall’intervento di due giudici federali, nominati da Bush, John D. Bates e Richard Leon. Quest’ultimo ha definito gli ordini dell’esecutivo «una ritorsione che colpisce la libertà di parola e la difesa legale, o si qualifica come un danno alla Costituzione». Nonostante la maggior parte degli ordini forensi e degli studi, con l’appoggio dei giudici, si sia schierata contro il presidente e stia resistendo agli ordini esecutivi, clamorosi sono stati i casi di due dei più grandi studi legali degli Stati Uniti, che non renitenti si sono piegati alla dottrina Trump, spaventati dall’eventuale fuga di clienti, nel momento in cui si fossero opposti all’esecutivo.
Sono la law firm Paul Weiss, 2,6 miliardi di fatturato nel 2024 e la Skadden Arps, 3,27 miliardi di fatturato nel 2023 che per evitare le sanzioni sono scesi a patti con Trump. Questi dovranno risarcire il governo garantendo cause pro bono in favore della Casa Bianca per un valore di almeno 40 milioni di dollari il primo e di 100 milioni il secondo. Brad Karp, presidente della Paul Weiss, ha scritto una lettera agli avvocati in cui motiva la sua scelta e li rassicura sul fatto che non sarà il presidente a decidere su quali cause lavoreranno gratis.
Ha fatto discutere invece la scelta dell’avvocata Rachel Cohen, associata alla Skadden, di dare le dimissioni a seguito della genuflessione del suo studio davanti alle minacce di Trump, che ha chiuso così la sua lettera di dimissioni: «Lo stato di diritto è importante. Come avvocato, se il mio datore di lavoro non può sostenere lo stato di diritto, allora eticamente non posso continuare a lavorare per loro».