«Ogni giorno nel mio Paese, intriso di sangue, dolore e speranze infrante, ci sono persone che lottano per la libertà, ma pagano con la loro vita». Così l’attivista iraniana per i diritti umani, Sara Shams, ha commentato all’Adnkronos il caso di Cecilia Sala, giornalista italiana detenuta in Iran, descrivendo il sistema oppressivo che schiaccia ogni tentativo di libertà.

«Cecilia Sala è stata presa di mira per essere utilizzata come ”merce di scambio”, una strategia comune del regime iraniano per ottenere la liberazione di detenuti arrestati all’estero. Le accuse contro di lei sono vaghe e generiche, un modello pretestuoso spesso utilizzato per legittimare arresti ingiustificati, specialmente nei confronti delle donne. Violazioni come un velo indossato ‘in modo scorretto’ o la presenza di alcolici bastano per condannare chiunque”, ha dichiarato Shams.

La giornalista è detenuta nel carcere di Evin, tristemente noto per le condizioni inumane e per l’uso sistematico di torture fisiche e psicologiche. «Le detenute, in particolare quelle accusate di dissenso politico, subiscono abusi sessuali, interrogatori degradanti e minacce ai familiari. L’isolamento, con celle illuminate 24 ore su 24 e assenza di contatti umani, è una forma di tortura psicologica devastante. La mancanza di cure mediche adeguate e condizioni igieniche disastrose, come dimostra il caso di Narges Mohammadi, peggiorano ulteriormente la situazione», ha aggiunto.

L’arresto di Cecilia Sala, secondo Shams, rappresenta un esempio del modus operandi iraniano, che oggi appare più esplicito: «Il regime, in difficoltà a causa della crisi economica e dell’isolamento internazionale, cerca di usare queste detenzioni per fare pressioni sui governi stranieri. È un quadro desolante che include figure come Niloufar Hamedi ed Elaheh Mohammadi, giornaliste incarcerate e torturate per aver raccontato il caso di Mahsa Amini, e Toomaj Salehi, rapper condannato a morte per aver denunciato il regime».

Shams ha anche raccontato le difficoltà quotidiane delle donne iraniane: «Vivono sotto un regime che nega i diritti fondamentali. Non possono vestirsi come vogliono, viaggiare senza il permesso del marito, cantare o ballare in pubblico. Una donna stuprata rischia di essere processata perché ritenuta colpevole secondo le leggi islamiche. Io stessa, a 16 anni, sono stata arrestata solo perché non indossavo correttamente il velo. La paura e il terrore che ho provato in quei momenti mi accompagnano ancora oggi».

«Il caso di Cecilia Sala – ha concluso Shams – è solo una goccia nell’oceano delle violazioni dei diritti umani in Iran. È il riflesso di un sistema oppressivo che soffoca ogni speranza di libertà. Ma ogni storia conta. Ogni voce deve essere ascoltata, perché dietro ogni sofferenza c’è una nazione che chiede di vivere senza paura».