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Stefano Latorre
Secondo Stefano Latorre, segretario nazionale di Unicost, la riforma con cui Cartabia sembra aver realizzato una faticosa mediazione non solo non aumenta l’efficienza del sistema giustizia, non solo non depotenzia il potere delle correnti ma ci riporta a un modello di magistratura pre-costituzionale.
Pongo a lei la stessa domanda che ho rivolto qualche giorno fa al suo collega Marcello Basilico: Luciano Violante ha detto che il no incondizionato delle toghe alla riforma del Csm deriva dal fatto che sono in campagna elettorale. Che ne pensa?
Non condivido questa affermazione. Una riforma dell’ordinamento giudiziario ritenuta ingiusta e punitiva sarebbe stata avversata in qualsiasi momento. Questa riforma incide sul modello del magistrato come delineato dalla Costituzione, introducendo la figura di un magistrato- burocrate non più indipendente ma legato a concetti come quello di performance. Rendere giustizia non può essere una catena di montaggio standardizzata.
Il 19 arriva in Aula il ddl elaborato in commissione Giustizia: giudizio del tutto negativo?
La riforma non pare centrare neanche l’obiettivo di aumentare l’efficienza del sistema giustizia italiano che, invece, necessiterebbe di maggiori risorse e di più personale amministrativo. Non credo che l’irrigidimento dei rapporti gerarchici o legare l’avanzamento in carriera alle percentuali di conferma dei provvedimenti da parte delle giurisdizioni superiori possa migliorare l’efficienza. Segna solo un ritorno indietro nel tempo a un modello di magistratura pre-costituzionale in cui esistevano magistrati di serie A e di serie B, per usare un termine calcistico facilmente comprensibile.
Uno degli elementi più criticati dalla magistratura è il fascicolo di performance. Lo si è concepito, è stato detto, in virtù del fatto che finora non ha prevalso la meritocrazia ma l’arbitrio delle correnti. Quale sarebbe stata l’alternativa?
Quando si pensa a uno strumento come il fascicolo delle performance si dovrebbe tenere conto di quella che è la realtà processuale, in cui il contraddittorio serve proprio a dipanare e chiarire i fatti accaduti. Da un certo punto di vista, viene svilita anche la funzione delle difese. Cerco di essere più chiaro: un processo potrebbe essere stato istruito perfettamente dal pubblico ministero, ma in dibattimento la difesa trova un testimone di cui nessuno sapeva l’esistenza che rovescia l’esito che sembrava scontato. Quale rimprovero si può fare al pm in questo caso? Inoltre molto spesso il pm che ha istruito il procedimento non è lo stesso che rappresenta l’accusa nel dibattimento, dunque se l’imputato viene assolto occorrerebbe chiarire a chi sarà da ascrivere un’eventuale responsabilità, se così la vogliamo definire.
La magistratura teme che ci si dovrà adattare a un certo “conformismo”. Però Gaetano Pecorella ha fatto notare come l’orientamento costante delle sezioni unite tenda a evitare sobbalzi improvvisi nella giurisprudenza: il magistrato che sa motivare in maniera intelligente un orientamento diverso sarà sempre molto apprezzato. Che ne pensa?
Nessuno mette in discussione la funzione nomofilattica della Cassazione, ma il problema è diverso, perché nel progetto di riforma si vuole legare la carriera del magistrato alla tenuta dei suoi provvedimenti davanti ai vari gradi di giudizio. Cosa che non avviene neanche negli ordinamenti di common law.
Come valuta il sistema di voto ipotizzato per il Csm, binominale con quota proporzionale e sorteggio dei distretti di Corte d’Appello per formare i collegi?
Anche in questo caso si tratta di soluzioni che non sembrano in grado di raggiungere l’obiettivo dichiarato, depotenziare le correnti, né riescono a soddisfare le vere esigenze dell’organo. Il sistema binominale maggioritario con correzione proporzionale non si adatta al Csm, che non è un organo che necessita di governabilità, ma deve rispecchiare la magistratura tutta, in tutte le sue diverse sensibilità. Il sorteggio dei distretti poi favorisce in modo eclatante i gruppi organizzati più strutturati, perché se un candidato di Milano, per esempio, si trova per sorteggio ad essere votato dai distretti di Bari e Reggio Calabria, soltanto se avrà alle spalle l’apparato di una corrente forte potrà avere speranza di essere eletto. Chi non può contare su un gruppo è destinato a perdere.
Un tema che interessa molto ai nostri lettori è il voto degli avvocati nei Consigli giudiziari. La nuova norma prevede che sarà il Coa a deliberare un giudizio sul magistrato. Il coinvolgimento di un’istituzione risolve il timore del conflitto di interesse?
Certo, la soluzione è meno impattante della vecchia proposta, ma il timore del conflitto di interesse non viene risolto. Il problema rimane perché l’avvocato che siede nel Consiglio giudiziario ben potrebbe avere processi o cause con il magistrato in valutazione. Come si può pensare ad una serenità di giudizio?
Lo sciopero «ormai non è evitabile», ha detto il presidente Anm Santalucia. Critiche sono arrivate anche da esponenti politici. Gasparri di FI ha parlato di «offesa alla democrazia» dal «tenore eversivo». Secondo il sondaggista Mannheimer, se i magistrati dovessero scioperare, la loro credibilità agli occhi degli italiani potrebbe precipitare ancora di più.
Prima di definire lo sciopero dei magistrati “di tenore eversivo”, forse occorrerebbe ricordare che il diritto di sciopero, nell’ambito delle leggi che lo regolano per qualunque categoria, è previsto dall’articolo 40 della Costituzione. Sull’affermazione di Mannheimer, non concordo affatto. La credibilità si basa anche sulla capacità di lottare per le cose in cui si crede, oltre che sul lavoro che ogni giorno i magistrati svolgono con abnegazione. A mio parere, la magistratura associata dovrebbe avere il compito di spiegare ancora di più il funzionamento e i problemi della giustizia, con iniziative aperte alla cittadinanza. Molti scoprirebbero una realtà che, credo, li sorprenderebbe.