I grandi manager delle assicurazioni sanitarie private sono probabilmente le figure più detestate nella società americana. Il senso comune li considera come degli agenti senza scrupoli di un sistema che affida la salute dei cittadini agli spiriti animali del mercato e al cinismo delle grandi compagnie, da sempre emblema del l’avidità del capitalismo americano, capace di lucrare anche sui diritti primari degli individui.

L’assassinio in pieno centro di Manhattan di Brian Thompson, Ceo del colosso UnitedHealthcare, sembra aver dato improvvisamente la stura alla rabbia e alla frustrazione dei cittadini americani nei confronti di quel sistema “rapace”.

Raramente un omicidio a sangue freddo ha generato così poca empatia verso la vittima e tanta, malcelata comprensione per l’assassino. Basta osservare le migliaia di post e commenti apparsi sul web nelle ultime ore per avere contezza dell’odio viscerale che corre nella rete.

«È un’ondata di macabra gioia», scrive il New York Times che ha condotto una piccola inchiesta sulle reazioni digitali alla morte di Thompson: «Non è chiaro cosa abbia motivato l'omicidio, se sia legato al lavoro del signor Thompson nel settore assicurativo. La polizia deve ancora identificare lo sparatore che è ancora a piede libero. Ma ciò non ha impedito ai commentatori sui social media di trarre conclusioni affrettate e di mostrare una palese mancanza di compassione per la morte di un uomo che era marito e padre di due figli».

Thompson era amministratore delegato della divisione assicurativa della sua azienda, che ha dichiarato 281 miliardi di dollari di fatturato l'anno scorso, fornendo copertura a milioni di americani tramite i piani sanitari venduti a privati, datori di lavoro e persone sotto programmi governativi come Medicare. La divisione impiega circa 140.000 persone.

Molti messaggi che esprimono «solidarietà» con il killer (ancora in fuga anche se ripreso dalle telecamere) trasfigurato nel ruolo del vendicatore sono di persone che hanno avuto esperienze terribili coni giganti dell’assicurazione sanitaria, che si sono viste negare i rimborsi o la stessa copertura degli interventi con dolorosi resoconti sul muro di gomma eretto dalle compagnie, capaci di negare un posto letto a un bambino diabile o di garantire le cure post parto a una giovane donna.

Un’infermiera di un pronto soccorso scrive su Tik Tok: «Quel che ho visto negare ai pazienti a volte gravissimi, altre in punto di morte da parte delle assicurazioni mi fa stare male fisicamente. Non riesco proprio a provare simpatia per Thompson a causa della sofferenza provocata a tutti quei pazienti e alle loro famiglie». Sempre su Tik Tok un altro utente punta il dito sugli stipendi stellari incassati dai manager: «Pago 1.300 dollari al mese per l'assicurazione sanitaria con una franchigia di 8.000 dollari (che fanno 23.000 dollari all'anno). Quando finalmente ho raggiunto quella franchigia, hanno respinto le mie richieste. Thompson guadagnava un milione di dollari al mese». Ci sono anche commenti più puerili e violenti animati da un odio di classe indistinto: «Questa deve essere la nuova norma: mangiamoci i ricchi!», «Uno di meno!», e così via.

Anche l’86enne scrittrice e poetessa Joyce Carol Oates, una colonna della letteratura statunitense contemporanea, è intervenuta sulla vicenda con toni asprissimi e del tutti privi di pietà per il tragico destino di Thompson: «Le repliche alla sua morte sono grida che vengono dal cuore, di un paese profondamente ferito e tradito; centinaia di migliaia di americani spudoratamente sfruttati dalle compagnie di assicurazione sanitaria reagiscono, a un singolo atto di violenza contro uno solo dei loro dirigenti multimilionari».