L’arresto a Parigi del fondatore di Telegram, Pavel Durov, ha aperto un dibattito su scala internazionale. Un dibattito senza confini proprio come è la piattaforma da quasi un miliardo di utenti inventata dal visionario imprenditore russo-francese, che ha pure la cittadinanza degli Emirati Arabi Uniti.

Telegram è uno strumento che si presta ad una moltitudine di utilizzi, dove si aggirano anche persone con fini tutt’altro che cristallini. Qui avvengono operazioni tra le più diverse, comprese quelle connesse alle criptovalute. La moneta virtuale Ton, legata a Telegram, con l’arresto di Durov ha subito un calo considerevole pari al 22%. «Ton – scrive il portale specializzato The Cryptonomist - è da qualche mese in pianta stabile nella top 10 delle maggiori criptovalute per capitalizzazione di mercato e anche domenica non è uscito da questa classifica nemmeno con il -22% registrato in una notte».

Il nome di Pavel Durov era presente su una lista di ricercati delle autorità francesi e queste ultime erano pronte a fermarlo. Suscita qualche perplessità la decisione del fondatore di Telegram di far atterrare il suo jet privato nell’aeroporto parigino di Le Bourget per trascorre, in base a quanto emerge dalle ricostruzioni giornalistiche, alcune ore nella capitale francese. Superficialità? Delirio di onnipotenza? I reati contestati dall’autorità giudiziaria d’oltralpe sono gravi, vanno dal narcotraffico all’apologia di terrorismo, senza tralasciare la frode, il riciclaggio e la pedopornografia. L’inventore di Telegram non avrebbe dotato il sistema di messaggistica criptata di idonei sistemi di controllo o di moderazione, trasformando così la piattaforma in una prateria in cui tanti criminali si sono mossi e si muovono in totale libertà, senza confini geografici. E qui si apre un rilevante fronte di riflessione. Telegram, da spazio libero per le comunicazioni, si è man mano trasformato in un “Eden libertario” in cui tutto è consentito. La ritrosia – anzi, l’opposizione – a ogni forma di controllo o di censura di contenuti vietati ha generato l’attenzione e le iniziative dell’autorità giudiziaria francese con alcuni nodi che sono venuti al pettine e che hanno fatto emergere alcune contraddizioni. Se da un lato Telegram rappresenta un prezioso canale di comunicazione per gli oppositori di regimi dittatoriali – per esempio, grazie alla piattaforma di Durov, è possibile conoscere quello che succede nella Russia di Putin, senza le verità preconfezionate dei Peskov e delle Zakharova di turno, e le attività di tanti oppositori politici –, da un altro lato è lo strumento provvidenziale, perché criptato, per criminali di ogni tipo e appartenenti a reti terroristiche.

La custodia cautelare di Durov, inizialmente di 24 ore, è stata estesa a 96 ore. La Francia ha bruciato sul tempo altri Stati che avrebbero voluto incriminare e fermare il geniale imprenditore russo-francese. Ma la mossa di Parigi potrebbe creare non poche tensioni. Il dossier francese è il primo nel suo genere e aprirebbe la strada ad altre iniziative giudiziarie, soprattutto in Europa. Nel 2022 la Germania annunciò, senza però mai andare fino in fondo, il blocco di Telegram, considerato il diffusore di messaggi volti ad incoraggiare un presunto golpe. L’anno successivo il Brasile accusò la piattaforma di scarsa attenzione in merito alla creazione di una rete neonazista. Infine, nello scorso mese di marzo le autorità spagnole tentarono, con scarso successo, di agire contro Telegram per la violazione delle norme in materia di proprietà intellettuale.

Poche ore dopo l’arresto di Durov, l’app di messaggistica si è difesa pubblicando un post in cui afferma di muoversi nel rispetto delle leggi dell’Unione Europea e che le sue pratiche di moderazione dei contenuti rientrano nelle “norme del settore”. «Telegram – si legge in un comunicato - rispetta le leggi dell’Ue, incluso il Digital Services Act: la sua moderazione è conforme agli standard del settore e in continuo miglioramento. Il Ceo di Telegram, Pavel Durov, non ha nulla da nascondere e viaggia spesso in Europa».

Elon Musk ha preso le difese di Durov, lanciando su X l’hashtag “FreePavel” in nome della libertà dei contenuti da preservare su Telegram. Dalla Russia il solerte portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha evidenziato che il boss del Cremlino non ha incontrato Durov durante l’ultima visita a Baku, in Azerbaigian. «Non sappiamo ancora – ha detto Peskov - di cosa sia accusato esattamente Durov. Non abbiamo ancora sentito dichiarazioni ufficiali al riguardo. Senza questo sarebbe sbagliato rilasciare dichiarazioni». È interessante quanto sostiene Le Monde, secondo il quale il caso Telegram «scuote il mondo della comunicazione digitale, dove sostenitori dell’approccio di Pavel Durov, come Elon Musk, patron di X, hanno denunciato una violazione della libertà di espressione. Si tratta anche di un importante banco di prova giuridico e politico per l’Unione Europea, che negli ultimi anni è diventata il campione della regolamentazione democratica delle piattaforme digitali. Particolarmente esposti al terrorismo e alle campagne di disinformazione che cercano di destabilizzare le democrazie, i Paesi europei sono costretti a rafforzare la loro vigilanza, nel rispetto dello Stato di diritto».