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Selam Palace, uno dei tanti stabili precari nella frastagliata periferia di Roma. Situato nel quartiere de La Romanina, è la più grande occupazione abitativa della capitale. La storia di questo palazzo inizia nel 2006, ad oggi ospita circa 700 persone. Gli abitanti, provenienti dal Corno d’Africa (Eritrea, Etiopia, Somalia e Sudan), sono titolari di protezione internazionale che non hanno trovato accoglienza nei centri predisposti dalle autorità romane. L’ex Commissario per i diritti umani, Nils Muižnieks, visitò palazzo Selam nel 2012 , rimase sconvolto dalle condizioni in cui versava lo stabile e definì la situazione sconvolgente https://youtu.be/fhK_8owsUaY Ora in tutto ciò è scoppiata come una bomba l’emergenza Covid 19, una cinquantina degli abitanti sono risultati positivi ai test, 5-6 sono stati ricoverati, mentre gli altri, asintomatici, sono invece stati trasferiti in strutture alberghiere per la quarantena. Un’emergenza scoppiata circa un paio di settimane fa che ha trasformato lo stabile in una vera e propria “zona rossa”, non si entra e non si esce. Fuori solo esercito e polizia. Fortunatamente le ultime notizie sembrano parlare di un termine per questa situazione anche se le preoccupazioni rimangono gravi. A mettere in luce le difficoltà d’intervento è la presidente del VII Municipio Monica Lozzi: «abbiamo poca competenza in questo momento perché c’è un’emergenza sanitaria in atto, a metà marzo, anche sollecitati dalle associazioni, abbiamo mandato una mail a tutte le autorità competenti, dal gabinetto del sindaco alla Asl fino alla Prefettura, per attenzionare una struttura che è critica già a priori». I problemi sono innumerevoli, compresa la presenza all’interno di una trentina di bambini che richiederebbero una delicatezza che va al di là del semplice sostegno. «Noi già nei giorni precedenti all’installazione della tenda di pre triage della Asl abbiamo consegnato una quarantina di pacchi alimentari mantenendo le misure di sicurezza per cercare di sostenere quelle persone che di solito lavorano in nero e che quindi avevano sicuramente bisogno. Dal momento in cui è arrivata la polizia e l’esercito è intervenuta la protezione civile comunale che sta gestendo la parte sociale. L’aspetto sanitario è prettamente a carico della Asl. Con l’assessorato scuola abbiamo creato insieme alle scuole anche una rete per far arrivare ai bimbi dei tablet per l’istruzione a distanza». Interventi che proprio a causa delle pregresse condizioni di vita degli occupanti rischiano di rappresentare una goccia nel mare. Soprattutto sembra mancare una circolazione delle informazioni tra le stesse istituzioni territoriali. «Sono stati fatti i tamponi a tutti - dice la presidente del Municipio -, le persone positive sono state spostate in strutture dedicate a trattare i casi ma non riusciamo ad avere un’idea di gestione globale. Soprattutto vogliamo capire se le persone negative ai test saranno trattenute in quarantena o saranno libere di uscire. Ci serve questo anche per un’ attività di sostegno complessiva e dare sicurezza alle persone che vivono lì intorno.» Si rischia quindi un cortocircuito, tutto è incentrato sull’emergenza sanitaria ma viene trascurato l’aspetto umano di una realtà già fragile. Un aspetto messo in luce dall’associazione Cittadini del Mondo che fin dall’inizio opera all’interno dello stabile con i propri medici ma anche svolgendo un lavoro di assistenza e orientamento sociale. Con l’istituzione della “zona rossa” però tutto sembra essere stato spazzato via. Donatella D’Angelo è un medico di base di molte persone che occupano palazzo Selam e non usa mezzi termini per descrivere quello che sta succedendo. «Questa è una zona rossa – racconta la dottoressa -, ma fino a qualche giorno fa, come moltissime altre persone, non lo sapevamo. Pensavo che fosse una zona interdetta ma dove ci sarebbe stata la presenza di medici della Asl, Comune, equipe di psicologi che dessero la possibilità di sopravvivere in una situazione complessivamente di benessere. Ma questa zona rossa invece è stata solo caratterizzata dall’esercito che bloccava l’accesso alle persone . Come associazione abbiamo subito cercato di far presente che si trattava di una situazione pericolosa fin dal primo caso, abbiamo quindi aspettato che le istituzioni si mobilitassero per evitare i contagi». Il risultato è stato che i volontari non possono più entrare ma a quanto sembra l’intervento dell’Azienda sanitaria locale si è concretizzata solo nei tamponi da effettuare, da allora nulla più. Lo ribadisce anche Grazia Forte, un altro medico dell’associazione: «si sta verificando una grave mancanza di copertura sanitaria generale per queste persone, è stato effettuato lo screening, hanno identificato i positivi e li hanno allontanati, in teoria dunque sono rimasti solo i negativi al coronavirus. Ma si tratta solo di informazioni sommarie perché non ci è stato comunicato nulla, quello che sappiamo è dato solo dalla conoscenza che abbiamo da anni delle singole persone.» Si arriva dunque al paradosso che sebbene negli anni scorsi sono stati riscontrati casi di scabbia e altre malattie, divenute endemiche per via delle cattive condizioni igieniche, i pazienti ora non trovano più ascolto. Diverse persone per via della quarantena possono rivolgersi ai sanitari di Cittadini nel mondo solo attraverso la cancellata che circonda il palazzo. «Noi ci chiediamo ma come sono seguite queste persone? Una signora anziana con una ferita alla gamba – racconta la dottoressa - aveva bisogno di farmaci per evitare infezioni, dice di aver allertato i medici Asl ma nessuno è intervenuto». Sembra dunque che le stesse segnalazioni vengano ignorate, un riflesso dell’immobilismo che ha caratterizzato i lunghi anni di una vicenda irrisolta.Gli abitanti di Selam Palace sono lì inaftti da oltre 15 anni, una sistemazione trovata dal comune di Roma che però ha smesso di pagare gli affitti e sono diventati quindi occupanti abusivi. Per la presidente del Municipo Lozzi si tratta «di rifugiati politici, quindi hanno il diritto di stare sul territorio nazionale e di avere un percorso di vita dignitoso. Sicuramente Selam è un esempio che mette in risalto la mancanza di una politica sull’immigrazione perché a Roma ci sono altri anche stabili che denotano questa criticità di questo tipo».