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Tra le 1.430 vittime civili ucraine sancite ufficialmente (alla data del 4 aprile) dall’OHCHR, l’agenzia dell’Onu per i diritti civili, quelle che hanno fatto più rumore sono state sicuramente le persone trovate morte dai soldati ucraini nella cittadina di Bucha, appena riconquistata. I ritrovamenti fanno presumere un tiro al bersaglio da parte dei militari russi ai passanti, addirittura interrogatori a base di tortura, con esecuzione finale, in pratica tutto ciò che è scritto nei manuali di diritto penale internazionale sotto la voce “crimini di guerra”. Pur essendo finora stato negazionista il governo russo, bisogna ammettere che il ritrovamento dei cadaveri sparsi sulle strade e di qualche fossa comune in questa cittadina a nord ovest di Kiev (quella successiva a Irpin, venendo dalla capitale ucraina), ha iniziato a far preoccupare anche la finora imperturbabile classe dirigente russa. Tanto è vero che la vicenda è stata subita tacciata da Lavrov per “provocazia” dell’Ucraina, a uso e consumo dei media occidentali, antipatici alimentatori di venti che portano sanzioni sempre più pesanti. E’ quindi partita una immediata campagna stampa su tv e giornali russi, ed esemplare in questo senso è l’articolo del quotidiano Isvestia, firmato da Ivan Petrov, e pubblicato il 4 aprile. Il titolo dell’articolo, “Demonizzazione con danno: dettagli sulla creazione di una provocazione a Bucha. Cosa c'è di sbagliato nella storia del massacro di civili vicino a Kiev”, è già un programma, ed anche una bella sfida alla logica. Infatti, prima ancora di esaminare il contenuto (che suscita nel lettore una giusta curiosità, del tipo “vediamo che cosa si inventano”), vengono spontanee le seguenti riflessioni: 1) demonizzazione: in effetti perché demonizzare un bravo popolo che si limita a distruggere il paese vicino, definito perfino “fratello”? 2) provocazione: inutile negare che ammazzare qualcuno che è amico dei miei nemici è una bella provocazione. Perché non ho mai pensato, quando voglio provocare il mio vicino, di ammazzargli magari un ospite che va a casa sua? 3) cosa c'è di sbagliato nella storia del massacro di civili? E’ una bella domanda, ed è un peccato che i russi non la rivolgono a se stessi, essendo invece tutti concentrati a cercare spiegazioni su come mai quei cadaveri fossero in bella vista, ovviamente indifferenti che quegli oggetti del contendere fossero prima persone, desiderose, al pari di Ivan Petrov, di vivere la propria vita. Ma passando al contenuto dell’articolo, che è stato taggato da questo prestigioso quotidiano russo come “fake news” (di fatto, tutte le notizie non gradite a Putin), il primo rilievo riguarda il video shock. Dopo aver ricordato il contenuto delle immagini che avevano suscitato la condanna dell’Occidente, il giornale accusa Macron di aver dimenticato di applicare ai russi il principio della presunzione di innocenza (d’altronde chi dice che mandare missili, distruggere case, possa determinare vittime?). Meglio sono giudicati gli inglesi, che almeno hanno chiesto un’indagine. Ancora più positivamente sono giudicati gli americani, visto che il Pentagono ha dichiarato che non poteva confermare in modo indipendente le atrocità di Bucha (vuoi vedere che è la premessa per una nuova amicizia americano-russa...). Si chiude così il primo capitolo dell’articolo e le prove a difesa della Russia sono finora 0. Andiamo avanti. La seconda parte dell’articolo ripete le parole di Peskov (il portavoce del Cremlino), che nega qualsiasi coinvolgimento dell’esercito russo nell’uccisione dei civili (d’altronde è noto che i soldati russi stavano in vacanza in Ucraina...). Inoltre si segnala che gli specialisti del Ministero della difesa russo hanno scoperto dei segni di frode nei video. Quali segni? Non è dato saperlo (d’altronde un po’ di mistero ci vuole pure...). In ogni caso – sottolinea il giornalista - è tutta colpa della Gran Bretagna, che al Consiglio di sicurezza dell’Onu non ha consentito alla Russia di presentare le prove. A questo punto viene spontaneo domandarsi perché la Russia non presenta al pubblico internazionale queste prove, senza passare dall’Onu. Il buon Petrov, ovviamente, non si arrischia a porre questo quesito, pena 15 anni di carcere (e bisogna pur capirlo). La seconda parte dell’articolo si conclude con la sottolineatura che i russi sono andati via da Bucha il 30 marzo. Prove a difesa della Russia: ancora 0. Nella terza parte dell’articolo, improvvisamente, compare la spiegazione dei morti civili: è colpa dei soldati ucraini che usano i civili come scudi umani. Basta immaginare la scena: un civile ucraino va in bici, e dietro c’è guardingo un soldato ucraino pronto a colpire un carrarmato russo. Certo. E’ ovvio. E’ tutta colpa degli ucraini. Si arriva quindi alla prova regina: il sindaco di Bucha ha stabilito un coprifuoco nei giorni 2-5 aprile, ed è chiaro (ai russi) che questo è stato fatto per creare la messinscena (mica per evitare altre vittime). E per dare il colpo del ko, si fa presente che i corpi erano messi in modo da poterne riprendere molti con una sola foto. E infine si chiede: che motivo c’era per tanta crudeltà da parte dei russi? D’altronde anche a Srebeniza non è chiaro – continua il buon Petrov – cosa è successo. A noi risulta solo che siano morte tra le 5 e le 27 persone, e il resto è tutta propaganda antiserba. Di fronte a queste affermazioni, il classico “no comment” è veramente opportuno. Infine, l’ultima chicca: dopo altre inutili e inconcludenti frasi, l’articolo si chiude con il richiamo che la Procura generale della Russia, investigherà... Sulle fake news, mica sulle morti.