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La Tav e non il Tav. La TAV costituisce un ottimo argomento sul quale far cadere il governo. Salvini se la sta covando da tempo, con tanto di appoggio esplicito, fin dall’inizio, alle manifestazioni torinesi in sostegno all’opera.
I pregi sono numerosi: vanno dall’accordo con una larghissima maggioranza degli italiani all’imbarazzo nel quale precipiterebbero i sostenitori di un’intesa tra PD e M5S, che non potrebbero trovarla mai su di un tema che li ha sempre visti divisi.
Inoltre la Lega riscoprirebbe persino una vaga vocazione europeista, solida base di ogni possibile intesa con le truppe berlusconiane in rotta e, chissà, forse persino con qualche frangia di renziani delusi dal mondo.
In questo contesto si combattono battaglie di retroguardia.
Diba ha scritto un libro, o comunque ne è stato pubblicato uno a suo nome, e si è precipitato da Lilli per sostenere le vendite. Il prezzo è stato l’essere sottoposto a una critica, gentile ma non complice, delle posizioni sue e di Gigino, come chiama il suo amico più caro.
In cauda venenum, verso la fine della trasmissione è saltata fuori la vicenda della TAV, insieme al problema del deficit pubblico che Diba sostiene si possa risolvere con la rinazionalizzazione delle Autostrade e qualche altro provvedimento a margine, condito di interventi assistenzialistici alla vecchia maniera.
Si tratta dell’uomo del futuro, come ben si vede.
Sulla TAV l’esponente cinque stellato era preparato: sapeva che gli oppositori devono dire “il” TAV, al maschile. La tesi è sostenuta con determinazione da Marco Travaglio, anche se da qualche tempo manca dalle scene una sua interpretazione del monologo “il TAv, non la TAV: è un treno”.
Forse persino lui comincia a dubitare, e a rassegnarsi al fatto che l’acronimo si riferisce alla Tratta ad Alta Velocità, che in italiano è indubbiamente femminile.
Stretto dalle domande Diba non ha osato interpretare una parte così impegnativa. Non ha sorriso con ironia, non ha guardato fissa negli occhi Lilli, non ha pronunciato la parola d’ordine dei no- tav mediatici: il TAV non la TAV. Ha abbassato gli occhi è ha farfugliato qualcosa rispetto alla sua posizione contraria ala costruzione del TAV, al maschile, ma sottovoce.
Salvini ha davanti a se un’autostrada elettorale e una lunga galleria sotto le montagne.